Mistral, avanti tutta
Reportage Ieri mattina il varo in Bretagna della portaerei «Vladivostok», con a bordo duecento marinai russi. Realizzata nei cantieri francesi di Saint Nazaire, sembrava destinata a incagliarsi nelle sanzioni decise contro Mosca. Ma la ragion di stato e la crisi economica alla fine hanno prevalso
Reportage Ieri mattina il varo in Bretagna della portaerei «Vladivostok», con a bordo duecento marinai russi. Realizzata nei cantieri francesi di Saint Nazaire, sembrava destinata a incagliarsi nelle sanzioni decise contro Mosca. Ma la ragion di stato e la crisi economica alla fine hanno prevalso
Più che le sanzioni, ci stava riuscendo la bassa marea a impedire il varo della Vladivostok. Avevano scelto un orario antimediatico, le autorità francesi, per togliere dall’ennesimo imbarazzo il governo Hollande e far prendere il largo alla portaerei che ha evitato la crisi nera per i cantieri navali di Saint Nazaire. Ma l’uscita dall’estuario della Loira è stata più faticosa del previsto: solo alle 7,20 di ieri mattina, aiutata da due rimorchiatori, la nave da guerra commissionata da Vladimir Putin a Nicolas Sarkozy nel giugno del 2011, in tempi non sospetti, ha potuto saggiare le acque dell’Atlantico e i duecento marinai russi a bordo, che dagli inizi di luglio erano arrivati da queste parti per prendere confidenza con la nave, hanno finalmente potuto riprendere il loro mestiere.
Un po’ d’acqua sul fuoco
Se si cercava una prova dell’inefficacia delle sanzioni europee (e americane) alla Russia di Putin e delle palesi contraddizioni tra la retorica politica e la ragion di Stato bisognava venire fin qui, in questa cittadina di 70 mila abitanti affacciata sull’Atlantico. Quando si è diffusa la voce, lunedì scorso, che la Vladivostok, nave da guerra capace di trasportare truppe, elicotteri e carri armati, commissionata dal governo russo insieme a una seconda ancora in costruzione, la Sebastopol, stava per prendere il largo in barba alle sanzioni per la vicenda ucraina, la partenza è stata rinviata per non meglio precisate «ragioni tecniche». Dal governo Hollande (ai minimi storici per popolarità, con o senza le rivelazioni della ex compagna Valérie Trierweiler) hanno gettato acqua sul fuoco: l’embargo alla Russia sarà rispettato e che la decisione finale sulla sorte della Vladivostok arriverà solo «a fine ottobre». Però il progetto non si ferma.
Ufficialmente, la portaerei classe Mistral è salpata per un giro di prova. Tra dieci giorni dovrebbe rientrare nel porto di Saint Nazaire e poi ripartire per un secondo giro con gli altri duecento marinai russi rimasti a terra ad attendere. Ma è difficile sfuggire all’impressione che l’intenzione della Francia sia quella di consegnare la nave alla marina russa, a meno di non credere che i quattrocento marinai inviati da Mosca siano venuti a fare un inutile addestramento sulle coste della Bretagna.
Checché ne dicano ai vertici Nato, la questione è esclusivamente economica. L’accordo tra Francia e Russia – il primo dalla fine della seconda guerra mondiale – ha portato da queste parti 1,2 miliardi di euro per la sola Vladivostok. I cantieri navali di Saint Nazaire hanno resistito al collasso economico grazie alle commesse militari e alla costruzione della nave da crociera più grande d’Europa, la Preziosa della italo-svizzera Msc (la prima ad avere a bordo anche due ristoranti di Eataly), sono stati salvati da una commessa da oltre un miliardo di euro della Royal Caribbean. Per tre anni i quattromila portuali della Stx – la società sudcoreana che ha comprato i cantieri di Saint Nazaire, partecipata al 33 per cento dal governo francese – avranno il lavoro assicurato. Dovranno costruire la più grande nave da crociera del mondo: 361 metri di lunghezza e 47 di larghezza, alta 72 metri, 225 mila tonnellate di stazza, in grado di ospitare 5.400 passeggeri e 2.100 membri dell’equipaggio). Un’opera monstre che riuscirà nell’impresa di superare il precedente della Queen Mary 2, il più grande transatlantico del mondo, fiore all’occhiello dei cantieri di Saint Nazaire: a bordo, quattordici bar, una biblioteca, un teatro, piscine, una discoteca, un casinò e un planetario per ammirare le stelle. Per costruirlo ci vollero appena due anni e fu così tanta la manodopera impiegata che si contarono lavoratori di 49 nazionalità diverse e il comune dovette mettere in piedi una struttura d’accoglienza.
Anche nell’affaire Oasis c’è lo zampino del governo francese: i lavori sono stati “scippati” alla Finlandia (la Royal Caribbean aveva costruito le precedenti navi nei cantieri di Turku) e quest’ultima ha protestato con Bruxelles per presunti aiuti di Stato. Pierre Moscovici, da ministro dell’Economia, aveva sostanzialmente ammesso il sostegno ai cantieri navali sotto forma di garanzie per le banche finanziatrici, e ora, da neocommissario agli Affari Economici della Commissione Ue, dovrà vedersela proprio con un finlandese considerato un “falco” dell’austerità, Jyrki Kaitanen, nominato vicepresidente con la delega alla crescita da Jean Claude Juncker, a quanto pare, proprio per marcare stretto l’omologo “protezionista” francese.
Senza l’intervento statale, Saint Nazaire sarebbe un’area post-industriale depressa, come altri pezzi della Francia. Invece, i bar del porto sono ancora un simpatico ritrovo operaio e l’atmosfera è quasi d’altri tempi.
Dalla crisi alla cultura
Ma basta farsi un giro nel centro della cittadina per scoprire come, sebbene i cantieri navali resistano, la crisi economica si faccia sentire: negozi chiusi, cartelli affittasi o vendesi più o meno ovunque. Come spesso accade in Francia, si prova a uscirne investendo nella cultura: nella zona industriale a ridosso del porto è stato costruito un teatro e in questi giorni è in corso un festival di musica classica di tutto rispetto.
Un po’ più a nord, in Normandia, il 6 giugno scorso François Hollande aveva invitato Vladimir Putin a celebrare lo sbarco alleato e la vittoria contro il nazifascismo. A Saint Nazaire i tedeschi avevano il controllo della base dei sommergibili e lo mantennero fino agli ultimi giorni di guerra, per questo la città fu rasa al suolo dai bombardamenti angloamericani. Sarà ricostruita per intero nel dopoguerra, grazie anche al lavoro degli emigranti italiani, la seconda ondata dopo la cinquantina di famiglie spezzine arrivati qui, in fuga dal fascismo, alla metà degli anni ‘20. «Nonostante la crisi ucraina, non dimentico i sacrifici russi», aveva detto per l’occasione il presidente francese per rintuzzare le critiche. Aveva ragione, naturalmente. Chissà che, in quella occasione, i due capi di stato non abbiano discusso pure di affari. A cominciare dalla sorte della Vladivostok.
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