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Missili inglesi per colpire il ponte di Chongar, in Crimea

Missili inglesi per colpire il ponte di Chongar, in CrimeaI danni al ponte di Chongar, tra la penisola di Crimea e Kherson

Il limite ignoto Zelensky: la Russia pianifica un «attentato terroristico» alla centrale nucleare di Zaporizhzhia

Pubblicato più di un anno faEdizione del 23 giugno 2023

Se la fanteria ucraina fatica a sfondare le difese russe, l’artiglieria al momento è più efficace. Nella notte tra mercoledì e giovedì, infatti, uno dei ponti che collegano la Crimea al resto dell’Ucraina è stato colpito dalla distanza. Le immagini pubblicate dal governatore filorusso della penisola, Sergei Aksyonov, mostrano una voragine nella carreggiata mentre il politico spiega: «Il ponte di Chongar è stato colpito nella notte. Non ci sono state vittime. Al momento gli artificieri stanno effettuando un esame per valutare il tipo di munizioni usato. Le autorità hanno iniziato a ispezionare la carreggiata».

SECONDO le prime ricostruzioni l’attacco sarebbe stato condotto con missili Storm shadow, le testate a più lunga gittata attualmente in dotazione alle forze ucraine. «L’uso degli Storm shadow – aveva dichiarato a maggio il ministro della Difesa britannico Ben Wallace alla Bbc – consentirà all’Ucraina di respingere le forze russe che si trovano all’interno del territorio ucraino». La Gran Bretagna, produttore di tale sistema d’arma è stata infatti il primo Paese occidentale ad aver infranto il tabù delle «armi a lunga gittata» e ad aver fornito a Kiev missili in grado di colpire a una media di 250 km di distanza. A titolo di esempio si consideri che fino a quel momento la gittata massima delle armi occidentali in Ucraina erano gli 80 km degli Himars.

GLI STORM SHADOW possono essere lanciati solo dai caccia e hanno un alto livello tecnologico che li rende praticamente invisibili ai radar e molto preziosi in caso di attacchi a infrastrutture o centri di comando dietro le linee nemiche. Ma la loro efficacia ha un costo molto elevato: più di un milione di euro per unità. Per questo, probabilmente, Londra non ne dovrebbe aver inviati più di qualche decina alle forze armate ucraine. Per ora l’agenzia di stampa russa Ria novosti ha diffuso alcune indiscrezioni trapelate dal comitato d’inchiesta sull’attacco rivelando che i missili lanciati contro il ponte di Chongar sono 4 e che sulla scocca di uno di questi ordigni sono stati rinvenute marche di fabbricazione francese. La presidenza francese non ha commentato l’accaduto ma sui canali Telegram russi molti utenti hanno chiesto al Cremlino di reclamare spiegazioni da Parigi. «Adesso cosa dirà il presidente francese?» chiedono in molti, ironizzando sul divieto di usare armamenti Occidentali per colpire il territorio russo; gli ucraini, dal canto loro, hanno già usato le schermate di questi messaggi per creare dei fotomontaggi nei quali un Macron sorridente esulta di fronte «all’ottimo lavoro» dei “suoi” missili.

Intanto, senza inserirsi nel dibattito balistico, un portavoce della direzione principale dell’intelligence del ministero della Difesa ucraino, Andrii Yusov, ha dichiarato che «ci sarà una continuazione», ovvero altri attacchi del genere. Che gli ucraini avessero come obiettivo l’isolamento della Crimea era ormai conclamato. Lo scorso ottobre l’attacco al ponte di Kerch che collegava la penisola direttamente al territorio russo era stato il primo atto. Nei mesi seguenti si sono susseguiti bombardamenti alle postazioni missilistiche, agli aeroporti militari, ai depositi, al porto di Sebastopoli e alle navi di stanza nei pressi della penisola con l’intento evidente di indebolirne le difese. Tuttavia, il controllo della fascia costiera che da Rostov sul Don (in Russia) arriva fino a Kherson est ha permesso a Mosca di rifornirla costantemente durante tutto il conflitto. Ora, con l’attacco al ponte di Chongar il Comando supremo ucraino sta tentando di interrompere la catena di approvvigionamento verso la Crimea e di piegare le difese dell’isola. Come aveva dichiarato il capo di stato maggiore congiunto statunitense, Mark Milley, «per la Crimea bisognerà aspettare, l’obiettivo primario di Kiev è indebolirla prima di sferrare un attacco via terra».

MA LE SORTI della Crimea sono passate in secondo piano quando, a fine mattinata, il presidente ucraino Zelensky ha accusato pubblicamente la Russia di avere in programma un «attentato terroristico» nella centrale nucleare di Zaporizhzhia. «La nostra intelligence ha ottenuto informazioni secondo cui la Russia sta considerando lo scenario di un attacco terroristico alla centrale di Zaporizhzhia», ha scritto su Telegram il capo di stato. «Stavolta il mondo non potrà dire che non abbiamo avvertito in anticipo, come è successo per l’attacco alla diga di Nova Kakhovka» ha continuato, sottolineando anche che «le fughe radioattive non hanno confini, non si può decidere prima dove andranno a colpire» e quindi, potenzialmente, potrebbero ritorcersi contro gli occupanti. Inoltre, da giorni gli ucraini rilanciano gli allarmi sul fatto che l’area dell’impianto sarebbe stata minata fino ai dispositivi di raffreddamento. Il portavoce del Cremlino, tuttavia, ha derubricato a «menzogne» le affermazioni di Zelensky.

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