Per toccare con mano quanta ragione hanno gli studenti che da poco più di un mese protestano in tenda fuori dal Politecnico di Milano bisogna salire le scale dello studentato che hanno occupato ieri mattina. La Casa dello Studente di viale Romagna è chiusa da un anno per lavori di ristrutturazione mai veramente iniziati. Ora il Politecnico, che aveva costruito questa storica residenza universitaria nel 1934, spiega che è stata la burocrazia a bloccare tutto: mancano i fondi nazionali promessi con l’ultimo bando che andranno ora cercati dalle parti della Regione Lombardia. Ora in questa casa chiusa dello studente ci sono i corridoi impolverati con il materiale da cantiere abbandonato, i teli di plastica a terra, le cabine elettriche sventrate, le stanze vuote che potrebbero ospitare 336 studenti. C’è anche una palestra semi allagata dalla pioggia filtrata in questi giorni. Qui tutto si è fermato all’anno del Covid, ci sono ancora cartelli che spiegano le misure di sicurezza pandemiche, il distanziamento, la mascherina. È tra questi locali abbandonati che si vede materialmente cosa significa lasciar andare in malora il patrimonio pubblico. Qui vale per gli studenti, ma basta spostarsi di poche centinaia di metri verso sud per raggiungere la sedere dell’Aler, l’ente della Regione Lombardia che gestisce le case popolari, uno dei soggetti responsabili del disastro abitativo milanese e lombardo.

Ieri di prima mattina gli studenti hanno spostato un po’ delle tende che stavano sul prato davanti al Politecnico davanti all’ingresso della Casa dello Studente. Poi hanno aperto la struttura per mostrare a giornalisti e cittadini un pezzettino dell’emergenza abitativa milanese. Vogliono restare qui almeno un paio di giorni, il tempo di fare qualche assemblea e richiamare chi in questo mese si è affacciato alla loro protesta contro il caro affitti. «Per noi questo studentato chiuso è un simbolo dell’emergenza casa, per questo abbiamo scelto di aprirlo», dice Arianna della lista universitaria Terna Sinistrorsa. Il paradosso è che queste settimane sono state di frenetiche riunioni tra fondi immobiliari, società private, università e comune di Milano, con i privati a spingere per firmare convenzioni e collaborazioni pubblico-privati: gli ormai famosi studentati a prezzi per stanza più alti di quelli di mercato. «Solo un esempio – racconta Arianna – lo studentato che faranno nella zona di Expo 2015 ha stanze da 30mq a oltre 1.300 euro al mese. Ci dicono che ci sarà palestra, lavanderia, piscina, ma noi vorremmo solo delle case normali a prezzi degni». Un mese fa il sindaco di Milano Beppe Sala aveva promesso di portare gli studenti delle tende a Roma al ministero dell’Università, ma fino ad ora l’incontro non c’è stato. «Siamo delusi dalla politica, non abbiamo incontrato nessuno che voglia risolvere davvero il problema del caro casa – dice ancora Arianna – Con il Comune di Milano abbiamo aperto un tavolo sul canone concordato, ma sono proposte di facciata quelle che ci hanno fatto, non porteranno a nulla di utile per noi studenti». La giunta milanese aveva cavalcato la protesta delle tende per rilanciare il suo piano per l’abitare ma chi in queste settimane ha dormito in tenda chiede soluzioni vere che, visti i chiari di luna e il disinteresse del governo, non arriveranno. Oggi alle o16 ci sarà un’assemblea pubblica: studenti e studentesse vorrebbero incontrare più persone e realtà possibili per immaginare insieme come proseguire questa battaglia. Finita l’assemblea lasceranno anche lo studentato, il Politecnico promette che già questa mattina potrebbero tornare ad affacciarsi ai locali abbandonati gli operai per fare il punto della situazione e appena arriveranno i soldi – vedere per credere – ripartiranno anche i lavori.