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Midterm, una tradizionale «scossa» dopo la luna di miele

Midterm, una tradizionale «scossa» dopo la luna di mielePhoenix, 19 ottobre 2018. Il presidente Trump, in Arizona per un comizio, saluta i soldati della Luke Air Force Base – Afp

La scheda Per chi si vota e qual è il significato politico del medio termine: tradizionalmente sono una scossa di assestamento dopo la fase d’innamoramento post elettorale tra il presidente e la sua base. In questa tornata i democratici sono alla caccia di un indebolimento di Trump, convitato di pietra

Pubblicato circa 6 anni faEdizione del 31 ottobre 2018

Le elezioni di medio termine si tengono ogni quattro anni, a metà del mandato presidenziale, e coinvolgono il Congresso, le assemblee elettive e alcuni dei governatori dei singoli Stati riguardando i 435 membri della Camera dei rappresentanti e un terzo dei 100 membri del Senato che sono a volte alterne 33 o 34. Il mandato dei deputati è biennale, mentre i senatori servono per sei anni: ogni due anni, un terzo di loro affronta la rielezione.

Oltre a Capitol Hills le elezioni di midterm coinvolgono anche 36 governatori su 50, i rimanenti 34 vengono eletti per mandato quadriennale, e Vermont e New Hampshire eleggono il governatore per un mandato biennale che coincide una volta con le elezioni presidenziali e una volta con il midterm.

Il presidente non è direttamente coinvolto in queste elezioni, ma ne è il convitato di pietra e il suo futuro politico, per i due anni che lo separano dalle presidenziali, viene condizionato da questa tornata elettorale di politica locale, in cui non si parla di lui. Tradizionalmente sono una scossa di assestamento dopo la fase d’innamoramento post elettorale tra il presidente e la sua base; quando si arriva al midterm la fase di luna di miele è terminata, la popolarità è in discesa e il partito in carica perde seggi.

Trump e i repubblicani nel 2016 avevano vinto non solo la Casa bianca ma anche il Congresso, Camera e Senato. In una situazione di questo genere l’idea di marginalizzare Trump o addirittura di dargli un impeachment, è del tutto fuori discussione, in quanto questa è una mossa che spetta al Congresso, che parte dalla Camera per poi dover essere votata dal Senato. E nessun Congresso guidato dallo stesso partito del presidente gli si scaglierà mai contro.

Per i democratici riconquistare Capitol Hill è quindi una priorità per tornare ad avere un peso nel governo del Paese, ma non sarà semplice. Il Gop controlla sia la Camera, con 235 seggi contro 193, più 7 seggi vacanti, sia il Senato con una maggioranza di 51 seggi a 49, compresi due indipendenti (di cui uno è Sanders). Dovrebbero quindi conquistare 23 seggi alla Camera e superare la soglia dei 50 seggi al Senato per poter riprendere il Congresso.

Nonostante i numeri sembrino dire l’opposto, la situazione per i democratici è più rosea alla Camera, in quanto la maggior parte dei seggi in cui si vota sono repubblicani, mentre al Senato i 35 seggi in ballo sono seggi democratici dove questi hanno difficoltà. Il voto per la Camera coinvolge più zone urbane, maggiormente affini ai democratici mentre il voto del Senato interessa più zone rurali, dove i repubblicani raccolgono più consensi.

Nella storia americana il partito del presidente ha conquistato seggi solo tre volte nel voto di midterm e sempre per ragioni specifiche: con Franklin Delano Roosevelt nel 1934, durante la Grande depressione, grazie alle riforme del New Deal; con Bill Clinton nel 1998, durante il suo secondo mandato, per via della grande crescita economica; e infine con George W. Bush nel 2002, a un anno dagli attentati dell’11 settembre.

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