Michela Murgia e una famiglia queer
Francesca, questa sera, è a cena al cohousing. La zia Olga è preoccupata per lei perché dice che ha 17 anni e idee molto confuse sulla vita. Alba ci porta un dono che per lei è rivelazione per la sua crescita. È un libro: «Tre ciotole» Mondadori 2023, di Michela Murgia: scrittrice, blogger, critica letteraria e opinionista. Il libro raccoglie dodici storie di personaggi diversi. Racconta il cambiamento e la sopravvivenza emotiva dei protagonisti quando affrontano momenti difficili: malattia, pandemia, fine di un amore, gravidanza, lutto… cercando, ognuno a suo modo, di attraversare la crisi. Il primo racconto si può considerare scaturito dalla recente esperienza personale della scrittrice, narrata in terza persona. È la storia di una donna, a cui viene comunicata la diagnosi di carcinoma renale al quarto stadio. Murgia ai primi di maggio ha affidato la notizia di questa sua malattia e della sua prognosi infausta al Corriere. Francesca è una fan della Murgia. Racconta di essere stata molto colpita soprattutto da ciò che Murgia ha rivelato rispetto al suo modo di vivere un momento così difficile, con la sua «famiglia queer», come la chiama, per la quale ha comprato una grande casa con dieci posti letto, dove farla stare.
La famiglia descritta da Murgia, nel «gergo cohousing», sarebbe chiamata «comunità intenzionale», ovvero una rete di persone, dove le relazioni contano più dei ruoli. Confessa che per la malattia a volte ha paura, soprattutto di notte, ma c’è sempre qualcuno della sua «famiglia queer» sveglio, che trova il modo di farle coraggio. Ernesto è colpito dal fatto che Francesca consideri stimolo per la sua crescita questi temi gravosi, ma lei racconta di aver capito meglio cosa significa vivere con altre persone e quanto questo abbia a che fare con la «cura», e forse piacerebbe anche a lei vivere così. Dice di aver capito che certe situazioni non si possono cambiare, ma con le parole e l’immaginazione si può raccontare e ridefinire la propria storia. Aggiunge che quindi anche per lei, può essere possibile iniziare a pensare una storia tutta sua. Smirna riflette su quanto possa essere prezioso un contesto culturale ricco: voci, presenze ed eventi della cultura con valori importanti, perché possono essere determinanti nelle scelte o cambiamenti di vita, possono comporre mappe esistenziali di viaggio per il ’pellegrinaggio della vita’. Francesca chiude l’insolita serata parafrasando la Murgia, il modo con cui si chiamano le cose è il modo con cui si finisce per viverle. Da qui il diritto di nominare in modo personale le cose che si vivono. Poter scegliere il nome della propria realtà, perché così la si abita meglio. Francesca è cresciuta nel giro di una notte, di un libro e di una storia.
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