Internazionale

Mezze bugie e stessi nemici, Trump è fermo al 2016

Mezze bugie e stessi nemici, Trump è fermo al 2016Donald Trump durante il comizio di lancio della campagna per il secondo mandato al Amway Center di Orlando – Afp

Stati uniti Da Orlando il via ufficiale alla campagna per la rielezione. Con l’identica retorica. Fuori migliaia di contestatori nel terzo anniversario del massacro al night club Pulse

Pubblicato più di 5 anni faEdizione del 20 giugno 2019

La campagna elettorale di Trump è ufficialmente cominciata e come sede del suo primo comizio The Donald ha deciso di giocare in casa: ha scelto Orlando, in Florida, attirando 20mila persone, accorse per applaudire il loro leader.

Lo slogan della campagna elettorale del 2020 è «Keep America Great», mantieni grande l’America. E questo a conti fatti è l’unico elemento di novità, visto che tutto il comizio è parso svolgersi nel 2016: il presidente Usa ha fatto pochissimi cenni ai singoli candidati democratici in corsa (anche se essendo più di 20 non avrebbe avuto che l’imbarazzo della scelta) e ha preferito concentrarsi sulla sua vecchia antagonista, Hillary Clinton.

È tornato a parlare delle email dell’ex candidata democratica, in termini ancora più surreali del solito: ha accusato Clinton non solo di aver eliminato le mail dal suo server ma di averle «lavate con l’acido», frase che ha ripetuto più volte.

In realtà il team di Clinton per cancellare le mail aveva utilizzato un programma di software libero chiamato BleachBit: è vero che bleach in inglese significa candeggina, ma ciò non coinvolge la candeggina, né l’acido, né il lavare.

Non è stata l’unica manipolazione della realtà utile a formattare il fenomenico per la sua audience inferocita che scandiva «Lock her up», imprigionatela, come se gli ultimi tre anni non fossero mai avvenuti e il nemico da battere fosse ancora l’ex segretaria di Stato di Obama.

Ciò a cui è ricorso Trump, per lo più, non sono state bugie inventate di sana pianta ma aggiustamenti di dati, cifre gonfiate o ridotte al bisogno, affermazioni buttate in pasto alla folla, non giustificate e seguite immediatamente da altre affermazioni orfane di dettagli, in un continuum dialettico senza pause se non quelle funzionali per permettere al pubblico di rumoreggiare in coro, in una liturgia il cui scopo non era veicolare concetti ma consolidare il consenso.

Il tycoon ha pronunciato una feroce denuncia dei media, dell’establishment politico e di quelli che ha definito i suoi oppositori radicali, evocando i messaggi oscuri e le lamentele personali che lo hanno caratterizzato in questi anni, da quando, da normale miliardario della quinta Avenue, è diventato il leader del mondo libero.

Il comizio per la campagna di rielezione si è svolto a quasi quattro anni esatti dal giorno in cui, dal seminterrato della Trump Tower di Manhattan, aveva annunciato la sua improbabile corsa agli uffici pubblici. Da Orlando Trump ha iniziato prendendosela immediatamente con chi lo segue dall’annuncio newyorchese e che percepisce come il suo vero nemico, la stampa, contro cui ha incitato la folla. Indicando la zona occupata dai media, Trump ha detto ai suoi elettori: «Quella là dietro è solo una quantità di notizie false».

Nel suo discorso ha deriso i democratici, definendoli leader di una «folla inferocita di sinistra» e dichiarato che le elezioni del 2020 saranno un «verdetto sulla condotta anti-americana di coloro che hanno cercato di minare la nostra grande democrazia».

Ha poi ripetuto, come aveva fatto nel 2016, di voler abolire l’Obamacare e poi si è spinto oltre: «Noi troveremo le cure a molti, molti problemi, a molte, molte malattie, tra cui il cancro e altre».

Si è parlato di nuovo del muro con il Messico, della Cina, di un’invasione di migranti in atto, dipingendo un ritratto cupo dello stato del Paese con i democratici che cercano di fare carta straccia della Costituzione e la famigerata «palude» di Washington, che aveva promesso di drenare e che invece, inspiegabilmente e nonostante due anni di sua presidenza, è ancora lì, con in aggiunta lo spettro socialista, diventato una minaccia alle porte.

Con la retorica di quattro anni fa Trump è sembrato a corto di argomenti ma non di munizioni e intenzionato a tenersi ancorato alla Casa bianca facendo leva sul meccanismo di identificazione nel loro leader della sua base più emotiva e coriacea. Ha spiegato che gli sforzi dei democratici di danneggiarlo non mirano a colpire lui, bensì i suoi elettori, dando così ai suoi supporter un senso di titolarità sulla sua elezione e la eventuale ri-elezione.

Ha descritto la sua base come parte di un movimento che, nel 2016, lo ha portato al potere e ha dipinto gli sforzi del Congresso per indagarlo come modo per minare i suoi elettori.

Ma fuori non c’erano solo i suoi sostenitori: in migliaia si sono dati appuntamento per contestarlo al grido di «Win with love», organizzati dal movimento Lqbqi. È in questa città che esattamente tre anni fa un night club diventava teatro del massacro di 49 persone in uno dei tanti mass shooting americani.

ABBONAMENTI

Passa dalla parte del torto.

Sostieni l’informazione libera e senza padroni.
Leggi senza limiti il manifesto su sito e app in anteprima dalla mezzanotte. E tutti i servizi della membership sono inclusi.

I consigli di mema

Gli articoli dall'Archivio per approfondire questo argomento