Largo Seggiola è incastonato tra i palazzi eleganti a tre piani di Messina. Lì ieri pomeriggio si è radunata la marea organizzata da Non una di meno per la manifestazione nazionale che ha raccolto attiviste e attivisti del Sud. Il primo ad arrivare è Fabio, un ragazzo giovanissimo: «Penso di avere una responsabilità molto grande, tanti uomini si voltano dall’altra parte difronte alla violenza di genere partendo da atti che sembrano leggeri come il cat calling oppure le battute irrispettose. Il femminismo parla anche agli uomini».

VUOLE RACCONTARE la sua storia Tindara Triolo: «Ho subito violenza per 17 anni, la relazione con il mio ex mi ha devastata. Non è stato facile denunciarlo e avere giustizia, mi sono dovuta fare tanto coraggio da sola. Sono fortunata perché sono qui ma il passato continua a fare male: spesso quello che mandiamo in galera è il padre dei nostri figli e non è una cosa che cancelli. Non devi giustificare ma devi comunque trovare il modo di andare avanti perché se ti porti l’odio dentro poi l’odio ti avvelena. Devi fare un percorso di autoconsapevolezza, accettare la responsabilità individuale della tua vita. Imparare a essere autonoma emotivamente ed economicamente. Liberarsi dà benessere: è come se una nuvola tossica che ti ha avvolto per tanto tempo si allontanasse». Un lavoro difficile e spesso solitario: «Qui la prima regola è giudicare la donna che denuncia: se fai arrestare il padre violento dei tuoi figli, che abusa di te, sei una vipera. Il carnefice diventata la vittima. Perdi il compagno ma ti voltano le spalle anche la famiglia e gli amici, ti ritrovi senza affetti. I figli però capiscono e ti sostengono».

Davide
«Il patriarcato ti impedisce di vivere i sentimenti in modo sano»

OLGA È TRA LE ORGANIZZATRICI della manifestazione: «Dal sud è difficile raggiungere Roma per i costi e i collegamenti. Così il coordinamento di Nudm Meridione ha lavorato all’idea di fare tappa al Sud. Messina, Palermo, Catania, Gela, Catanzaro, Lamezia Terme, Reggio Calabria, Cosenza la rete diventa sempre più fitta». Olga insegna e sul progetto di Valditara sull’educazione ai sentimenti ha un’idea precisa: «È una metodologia che non funziona perché relega i ragazzi e le ragazze in una modalità passiva in cui non hanno la possibilità di esprimersi e in cui si sentono ingabbiati». La protesta è anche contro il Ponto sullo Stretto, vissuto come una violenza al territorio che si somma alla violenza patriarcale sui corpi: «Si ricordano della nostra terra solo quando devono trarne vantaggio. Realizzarlo significherebbe distruggere un ecosistema unico al mondo, nessuno qui lo vuole. Vogliamo che gli attuali collegamenti siano moderni ed efficienti, vogliamo le strade, vogliamo l’acqua, la sanità pubblica, i consultori, salari sopra la soglia di povertà. Non il ponte».

IL CIELO nel pomeriggio si va incupendo, pioggia, vento, grandine non fermano il corteo che fa tappa davanti all’edificio fascista del Tribunale e poi all’università. Davide ha 27 anni e vive a Bologna ma ha deciso di tornare nella sua città per partecipare al corteo: «Le mie compagne del collettivo queer Smascheramento sono a Roma ma io volevo essere qui. Il patriarcato riguarda tutti e tutte. Riguarda soprattutto noi, persone nate uomini cresciute in questa cultura pervasiva che distrugge anche le vite maschili perché ti costringe ad assumere una postura di genere che ti impedisce di vivere i tuoi sentimenti e le tue relazioni in maniera sana. Il patriarcato ha colpito anche me come persona queer ed è anche uno dei motivi per cui ho scelto di inseguire il sogno di andare al nord, anche se poi la cultura patriarcale esiste in tutta Italia e ho subito aggressioni omofobe anche a Bologna. La differenza è che a Messina manca l’acqua, non ci sono i centri antiviolenza né gli spazi per le persone lgbtqia+ ma ci sono i soldi per il ponte. Siamo qui come femministe e come meridionali per rivendicare la libertà di decidere dei nostri corpi e del nostro territorio».

DA BAGNARA CALABRA a Messina, Laura racconta: «Credo nell’attivismo, volevo esserci perché ho subito violenze, fisiche e verbali. Ne sono uscita grazie alla mia forza interiore e la terapia. La famiglia non ti aiuta, spesso ti colpevolizza, finisci per senti responsabile pure per loro che comunque sono cresciuti con modelli sbagliati. Solo adesso mio padre ha capito la mia sofferenza, il percorso che ho fatto. Mi ha accompagnato alla stazione e mi ha detto “credo nelle tue idee”».

Maria
«Facciamo rumore contro la cultura machista. Vogliamo ribaltare il sistema»

CHIARA E ROBERTA sono arrivate con il gruppo di Nudm Palermo: «Venerdì abbiamo attraversato le vie palermitane in 5mila restituendo un sentimento di rabbia comune. Bruciare tutto significa distruggere un sistema che è marcio alla radice. Queste piazze materializzano l’alleanza tra soggettività che subiscono le strategie del sistema: persone con disabilità, soggettività lgbtqia+, persone razializzate, emarginate per motivi economici. la pratica comune ci unisce nella lotta. Nessun minuto di silenzio ci farà stare zitte, bruciamo tutto perché il nostro dolore è carico di rabbia e diventa detonatore per la trasformazione». Clara è arrivata da Siracusa: «Vengo da un’altra realtà in cui non c’è un’organizzazione strutturata. Spero di incontrare persone che conosco e realtà nuove, iniziare da qui un percorso comune».