Cala la sera su piazza del Popolo, gli altoparlanti martellano «Su di noi» di Pupo, Giorgia Meloni percorre tutto il palco avanti e indietro scattandosi dei selfie, coperta da uno spolverino color panna, le scarpe che luccicano dorate. La piazza è quasi piena, le bandiere che sventolano sono quasi tutte di Fratelli d’Italia, è la sua serata. Ma niente foto finale con tutti, lei scende le scale e se ne va, Berlusconi era già tornato in villa.

FIN DAL POMERIGGIO tutta la regia è pensata per l’incoronazione della nuova leader, che è l’ultima a parlare. Berlusconi ormai è relegato al «nonnetto dove lo metto». Viene issato sul palco come una madonna pellegrina, sorvegliato a vista da Tajani e Licia Ronzulli, presentato come «lo statista italiano più famoso e rispettato nel mondo». «Chi lo ha pagato questo qui?», la battuta pronta del vecchio mattatore. Ripete tutti i suoi cavalli di battaglia, la fine della guerra fredda tra Russia e Usa grazie a lui, le mani mai messe nelle tasche degli italiani. Poi arriva al sodo: «L’Italia non vuole essere governata dalla sinistra».

POCO DOPO, REGISTRANDO Porta a Porta, il Cavaliere sgancia una bombetta: «Putin è stato spinto dalla popolazione russa, dal suo partito e dai suoi ministri ad inventarsi questa operazione speciale. Doveva durare una settimana e sostituire Zelensky, ma la resistenza ucraina è stata foraggiata con armi di tutti i tipi dall’occidente». Un a bella grana per l’aspirante premier Meloni.

Poi tocca a Lupi, che è come il Cariglia di Fortebraccio, sale sul palco «e non c’è nessuno». E arriva Salvini, anche qui la voce guida lo definisce «il ministro degli Interni più amato della storia italiana», lui si presenta come «romano d’adozione» in sfregio al vecchio motto bossiano sulla capitale «ladrona», canta i suoi brani di repertorio come la flat tax e la cancellazione della legge Fornero, annuncia un referendum contro la decisione del consiglio europeo di non produrre più auto diesel e benzina nel 2035. Ripete di voler abolire il canone Rai e di fianco a lui alcuni ragazzi con dei cartelli in mano e cappellini blu ribadiscono il concetto. «Così Fazio se vuole fare i comizi se li paga di tasca sua».

SUONANO LE CAMPANE nella vicina chiesa degli artisti, e lui s’illumina: «Viva le campane, e guai a chi viene in Italia e vuole cambiare il nostro modo di pregare, devono rispettare la nostra storia millenaria». E alla fine arriva anche lui al sodo: «Da ministro dell’Interno ho difeso i confini e ora rischio 15 anni di galera. L’ho fatto e non vedo l’ora di tornare a farloooo. Anche da premier se gli italiani vorranno». Poche ore prima nuovo scontro con Meloni che aveva detto di avere pronta la lista dei ministri. E lui: «La squadra la faremo insieme, non ci sono donne o uomini soli al comando». È un Salvini che trattiene a stento la rabbia, costretto a non citare neppure l’autonomia differenziata tanto cara ai governatori del nord. E si sfoga su Letta: «Settimana prossima lo rimandiamo a Parigi a educare i ragazzi francesi».

MELONI VIENE INTRODOTTA da un Pino Insegno che legge una frase dal Signore degli anelli, tanto caro alla leader: «Verrà il giorno della sconfitta ma non è questo il giorno». «Signori, una donna straordinaria, una madre». Dalla piazza gridano «Giorgia Giorgia», lei manda baci: «Vi voglio bene». Uno striscione: «È tempo di Patria». Dice che per lei la politica è «amore e verità», non «una crociata contro gli avversari». Poi gli occhi si fanno spiritai come al comizio di Vox: «Questa è una sinistra estremista, rabbiosa, violenta, perché teme di perdere il suo consolidato sistema di potere. Hanno paura perché sanno che quell’Italia domenica è finita». Il suo discorso è tutto sulla difensiva rispetto alle paure dei mercati e dell’Europa per una sua salita a palazzo Chigi. «Ma io ve faccio paura???». «Nooo» risponde la piazza. Poi annuncia: «Governeremo insieme per 5 anni. E se avremo i numeri il presidenzialismo lo faremo anche da soli».

A CHI DUNQUE FAREBBE paura la leader di Fdi? «Agli inciucisti e ai trasformisti, agli amici degli amici che occupano posti che meritano, ai monopolisti, e agli speculatori». «E se la Ue non si muove noi siamo pronti a disaccoppiare il costo del gas da quello dell’energia elettrica a livello nazionale». Prosegue la lista degli impauriti: «Quelli dei no ideologici a produrre energia italiana», chi «ha fatto concorrenza sleale ai marchi italiani», «gli spacciatori, i ladri, i mafiosi, gli scafisti». In realtà chi la teme sono i percettori di reddito di cittadina nel sud, dove la destra rischia di perdere seggi decisivi. Ma lei tir dritto:

«Basta con i partiti che fanno cassa sulla disperazione, con i cittadini costretti a votarli per arrivare a fine mese. La sfida non è mantenere i poveri nella povertà, ma farli uscire con il lavoro». E dunque il Rdc resterà solo «per chi non può lavorare, anziani, disabili e famiglie con minori». Tutti gli altri si arrangino (Salvini concorda, Berlusconi non tocca palla).

IL FINALE, PRIMA CHE LE NOTE di Pupo si prendano la scena, è tutto no vax: «Se tornasse la pandemia non accetteremo più il modello cinese in un paese occidentale, il modello Speranza con le più forti restrizioni e i più alti numeri di contagi e mortalità. Non piegheremo più le nostre libertà fondamentali a questi apprendisti stregoni».