Nel linguaggio della politica, «Stati generali» significa che i partecipanti rappresentano tutte le parti in causa. In realtà al convegno organizzato dal Forum delle famiglie lo squilibrio è evidente: su 42 ospiti solo nove sono donne. Quattro di loro sono state invitate solo in quanto leader di partito (Meloni, Schlein, Carfagna, Bonetti).

Il punto più basso si raggiunge prima di pranzo durante l’incontro intitolato «Natalità produce ricchezza», con sette manager e un ministro – tutti maschi – invitati a ragionare dell’impatto economico della crisi demografica. «Peccato che il dibattito non si svolga in una caverna ma agli Stati generali della Natalità» ironizza la vice-presidente del parlamento europeo Pina Picierno.

Con queste premesse, la terza edizione degli Stati generali della natalità si è trasformata nell’ennesimo palcoscenico da cui rilanciare i temi cari alla destra in ambito familiare. Ne aveva approfittato giovedì il ministro Francesco Lollobrigida per chiarire che agli Stati generali non si va a parlare di demografia ma «a capire se il nostro raggruppamento linguistico e culturale possa sopravvivere». Anche in questa occasione il discorso del ministro non è passato inosservato quando ha parlato di «etnia italiana».

Ieri invece è stato il giorno di Papa Bergoglio e della premier Giorgia Meloni che si è presentata vestita di bianco come il pontefice – una gaffe notata dallo stesso Francesco e che rilancia la centralità dell’armocromista. Il dialogo tra premier e papa dura un’oretta.

La sorella d’Italia prova a spostare la discussione su temi più concreti, quello dell’occupazione femminile e della sua conciliazione con il carico familiare: «Se le donne non avranno la possibilità di realizzare il desiderio di maternità senza rinunciare a quello professionale non è che non avranno pari opportunità, non avranno libertà». Giusto. Peccato che il suo governo abbia scelto il Primo Maggio per approvare una riforma del lavoro che favorisce il lavoro precario – senza tutele per maternità e paternità – rispetto a quello stabile.

Di fronte all’evidente contraddizione, il discorso di papa Francesco finisce per apparire un rimprovero a tutto campo al governo e un assist ai giovani accampati in tenda davanti alle università. «Difficoltà a trovare un lavoro stabile, difficoltà a mantenerlo, case dal costo proibitivo, affitti alle stelle e salari insufficienti sono problemi reali» dice. «Sono problemi che interpellano la politica, perché è sotto gli occhi di tutti che il mercato libero, senza gli indispensabili correttivi, diventa selvaggio e produce situazioni e disuguaglianze sempre più gravi».

A Bergoglio non è piaciuta l’ennesima tirata sulla «sostituzione etnica» di Lollobrigida. E nemmeno la «scommessa sugli italiani» di Meloni. D’altronde l’Istat, nelle sue citatissime statistiche sull’inverno demografico, non parla mai di «italiani» ma di «residenti» e famiglie che danno impulso alla natalità sono soprattutto quelle straniere. Questa prospettiva dinamica sulla popolazione, che tiene conto anche dei flussi in entrata e in uscita, agli Stati generali è del tutto assente.

Tocca al papa, dunque, ricordare che «natalità e accoglienza non vanno contrapposte». «Una comunità felice – dice – sviluppa naturalmente i desideri di generare e di integrare, di accogliere, mentre una società infelice si riduce a una somma di individui che cercano di difendere a tutti i costi quello che hanno».

La conclusione del suo intervento è un invito alla premier a uscire dal ruolo di eterna vittima: «Adesso gli italiani hanno bisogno di risposte». Maurizio Lupi, leader del pacchetto di eletti di «Noi moderati» e riferimento ciellino in maggioranza, prova a mettere una pezza su un dialogo che assomiglia più a un confronto tra governo e opposizione. «Chi li mette in contrapposizione sbaglia ed è solo ideologia. Sono inutili tifoserie». Con l’effetto collaterale di mettere nero su bianco un imbarazzo reale.

La premier non si fa sfuggire l’occasione per ribadire che va bene difendere la famiglia, ma a condizione che sia quella tradizionale, un tema su cui il Vaticano è più allineato. «Vogliamo che non sia più scandaloso dire che siamo tutti nati da un uomo e una donna, che non sia un tabù dire che la natalità non è in vendita, che l’utero non si affitta e i figli non sono prodotti da banco che puoi scegliere e poi magari restituire».

Ma sa anche lei che dipinge un’Italia immaginaria. «Mostra di essere in piena contraddizione» le risponde da Torino Alessandro Zan (Pd) riferendosi all’impossibilità di registrare le famiglie omogenitoriali con figli. «Parlano di famiglia ma poi discriminano le famiglie».