Meloni chiude il G7 negando l’evidenza
Aborto e diritti Nell’ultima conferenza stampa si abbandona agli autoelogi: «L’Ue riconosca il nostro peso». E sui top jobs: «Valuteremo». La premier: «Di interruzione di gravidanza non abbiamo parlato, nessun passo indietro su lgbt»
Aborto e diritti Nell’ultima conferenza stampa si abbandona agli autoelogi: «L’Ue riconosca il nostro peso». E sui top jobs: «Valuteremo». La premier: «Di interruzione di gravidanza non abbiamo parlato, nessun passo indietro su lgbt»
Un lunghissimo preambolo autocelebrativo col leit motiv «Il nostro G7 è stato un successo senza timore di smentita», spazio solo per una manciata di domande con tantissimi giornalisti rimasti senza la possibilità di interpellare la premier.
La conferenza stampa conclusiva di Giorgia Meloni termina con vibranti proteste dei giornalisti italiani contro lo staff comunicazione di palazzo Chigi. Che si giustifica: «Anche Berlusconi e Gentiloni ai G7 facevano passare poche domande».
PER LA PRIMA VOLTA in quattro giorni di vertice i cronisti vengono fatti entrare nella fortezza di Borgo Egnazia quando ormai la festa è finita e i leader se ne sono andati. La premier parla da un leggio ricavato da un tronco di ulivo, simbolo incolpevole del summit. I toni trionfalistici («Spesso in Italia dimentichiamo di cosa siamo capaci») si infrangono appena arrivano le prime domande, sostituiti da un discreto nervosismo.
La polemica sull’aborto, che lei ha voluto espungere dal documento finale? «Costruita in modo artefatto, nelle nostre discussioni non è esistita». Peccato che Macron giovedì sera si fosse lamentato davanti a decine di cronisti per la cancellazione della parola dal documento finale, attribuendo la responsabilità alla «diversa sensibilità sul tema con il governo» Meloni. Gli stessa sherpa italiani hanno raccontato di lunghe ed estenuanti trattative notturne proprio sulla menzione dell’aborto. Per Meloni tutto questo è invenzione: «Non volevamo un testo inutilmente ripetitivo».
Sugli scontri alla Camera, trovo molto grave che ci siano esponenti della maggioranza che cadono nelle provocazioni, prevedo che aumenterannoGiorgia Meloni
IL CLOU MELONI LO RAGGIUNGE parlando di diritti lgbt. Non solo nega che vi stato un netto ridimensionamento rispetto alla dichiarazione di Hiroshima del 2023, ma afferma che «in due anni del nostro governo non sono stati fatti passi indietro in Italia sui diritti lgbt e compagnia cantando, la realtà è diversa dal racconto animato da presunti osservatori, le cui aspettative sono andate deluse».
In realtà il Viminale si è mosso con una circolare ai prefetti per spingere i sindaci a interrompere la registrazione dei figli delle coppie omogenitoriali. E si è pure rivolto alla Corte d’appello contro pronunciamenti a favore delle famiglie arcobaleno.
Schlein le risponde in diretta dal Pride di Roma: «Possono cancellare qualche parola ma non possono cancellare i nostri corpi e la nostra lotta per la libertà e l’eguaglianza di tutte le persone: è una vergogna che dopo un anno e mezzo di questo governo Meloni, l’Italia sia scivolata alla 36esima posizione su 48 in Europa, più in basso dell’Ungheria».
Sull’aggressione in Parlamento al deputato 5S Emanuele Donno, Meloni va oltre. Non una parola di condanna per il leghista che ha colpito il collega. «Trovo molto grave che ci siano esponenti della maggioranza che cadono nelle provocazioni, prevedo che aumenteranno».
Per poi attaccare le opposizioni: «I cittadini si dovrebbero interrogare su quale sia l’amore per la nazione di esponenti politici che cercano di provocare dileggiando e occupando banchi del governo: non ho visto da loro rispetto per le istituzioni». Donno si era avvicinato in aula al ministro Calderoli con un tricolore in mano.
Dalla premier parole imbarazzanti e vergognose: dimostra complicità e giustifica chi ha picchiato un deputato di opposizioneFrancesco Silvestri (M5s)
Il dem Andrea Orlando replica: «Per la premier la consegna di una bandiera tricolore è una provocazione. Buono a sapersi». Ancora più dura la reazione del M5S: «Dalla premier parole imbarazzanti e vergognose: dimostra complicità e giustifica chi ha picchiato un deputato dell’opposizione» attacca il capogruppo alla Camera Francesco Silvestri.
DA BORGO EGNAZIA la premier manda anche un pizzino a Ursula von der Leyen, in vista delle prossime scelte sui nuovi assetti della Commissione Ue: «La proposta per la guida spetta al Ppe, noi faremo le nostre valutazioni. All’Italia deve essere riconosciuto il ruolo che le spetta, mi auguro che l’Europa comprenda il messaggio che è arrivato dalle elezioni del 9 giugno: i cittadini non hanno detto che andava tutto bene, spero che sia stato compreso da tutti».
In testa ai warning lanciati a von der Leyen c’è la richiesta di abbandonare «l’approccio ideologico» sul climate change per non sfavorire le nostre imprese. «Non possiamo cadere nel paradosso che per proteggere l’ambiente finiamo per avvantaggiare altre nazioni concorrenti che non si fanno problemi ad adottare pratiche commerciali aggressive a danno dell’ambiente».
LA PREMIER DEFINISCE «propagandistica» la proposta “di pace” di Putin e la boccia con forza. «La Russia non può proporre a Zelensky di ritirarsi dall’Ucraina come mediazione».
Quanto al prestito da 50 miliardi di dollari a Kiev, la premier spiega che verrà fornito principalmente da Usa, Canada e Regno Unito. «I paesi europei non intervengono perché gli asset russi che faranno da garanzia sono tutti immobilizzati in Europa». Al di là degli annunci roboanti, a partire dalla possibilità dell’Ue di congelare gli asset russi per un periodo superiore a 6 mesi (c’è una ipotesi a 24 mesi).
Che accadrebbe in caso di scongelamento per la possibile fine della guerra? «Quell’ipotesi diventerà concreta solo quando si aprirà il processo di pace: al tavolo del negoziato si deciderà anche chi dovrà finanziare la ricostruzione».
Sul G7 scende il sipario.
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