Viviamo un tempo di tempesta nel quale per nessuno è facile la navigazione. C’è un ordine che viene meno; c’è un mondo che non ha trovato ancora un suo assetto. La rivoluzione (passiva ) neocapitalistica ha costruito un mondo a sua immagine forzando, svuotando, mettendo in crisi gli assetti democratici. La crisi dell’Italia è qui dentro. E, fatto che l’accentua da noi, è l’affermarsi di una macroscopica assenza: quella di una sinistra politica ormai inesistente in Italia come soggetto popolare.

In buona sostanza è in crisi una risposta a questi processi mondiali: l’idea che si potessero affrontare con un quadro di politiche deboli, remissive. Solo tattica e niente strategia. L’idea della inattualità del conflitto. Con la scelta della via istituzional-governativa come unica legittimante.

Di fronte all’ondata montante di malessere sociale e all’emergere di nuove contraddizioni- la guerra in primis- l’avvicinarsi del tempo del voto ed anche una difficoltà del Presidente del Consiglio ad assumere un intervento compiuto nei confronti della questione sociale, ha generato due effetti simmetrici: il Movimento 5Stelle ha accentuato gli elementi di sua crisi pagando, sull’altare del più rigido atlantismo, anche una rottura ampia; a destra invece si è passati dal senso di responsabilità nazionale al bisogno, visti i sondaggi, di accelerare l’opportunità del voto; di inseguire la Meloni nella deriva più estrema per non lasciarle campo totalmente libero. L’occasione era troppo grande. Tanto più che rompendo, si azzerava quasi del tutto l’idea del cosiddetto campo largo e il rapporto tra Pd e 5 Stelle.

E così siamo alla crisi. E al Pd che ha giocato tutte le sue carte su Mario Draghi, senza aiutare una evoluzione diversa della crisi dei 5Stelle. Ed è rimasto praticamente solo, al netto della compagnia, che ti raccomando, di Renzi e Calenda.

Cosa gli rimane? Proporrà una coalizione centro-centro con guida Mario Draghi? E così, nello scenario, quella che manca è ogni ipotesi politicamente di sinistra. E il tempo per qualsiasi cosa sembra del tutto bruciato.

E se di fronte al tempo di tempesta ( e di fuoco ) che stiamo vivendo; di fronte al rischio esistente non di una sconfitta elettorale ma di una rotta politica e sociale nascesse un appello rivolto al popolo della sinistra che dicesse a questo popolo: si, abbiamo accumulato tanti errori e limiti, ma di fronte a quello che è in gioco, tra pace e guerra, salute e ambiente, ingiustizia sociale e lavoro, non vi promettiamo di dare vita ad una forza nuova di sinistra dalla sera alla mattina ma, più semplicemente e più limitatamente, ad una Coalizione elettorale di Sinistra Politica, Sociale e Culturale; con alcuni punti netti di programma e su quelli ci impegniamo in Parlamento e nel Paese a sostenerli e a batterci; schierati sempre per la democrazia ma senza lasciarsi coinvolgere da impegni di governo ?

E se questo appello fosse rivolto ai nuclei politici esistenti; a movimenti, associazioni, volontariato, realtà sociali e sindacali, movimenti ambientalisti e femministi, associazionismo cattolico di frontiera, per una Coalizione che rappresenti in primo luogo un impegno di lotta?

Certo, non tutti aderirebbero, non tutti si sentirebbero pronti, non tutti si sentirebbero scossi dal loro anche giusto torpore. Il tempo non c’è. E vero. Ci sono personalità tanto autorevoli, tanto diverse e tanto capaci di dialogare e rappresentare un riferimento di garanzia per un percorso del genere nel nostro paese, in quel che rimane nella sinistra politica e in quella sindacale, sociale, culturale, associazionistica? Ce ne sono, e non poche.

Ma che c’è da perdere a provarci? Che c’è da perdere a farsi prendere, se non ora quando, da un eroico furore per la democrazia, per la pace, contro l’ingiustizia sociale, per l’ambiente e la vita? Che c’è da perdere a gettare un seme di speranza in un terreno non ancora del tutto inaridito e provare a farlo germogliare? Se è vero che incombe una accelerazione della crisi verso una deriva nazionalistica ed esplicitamente di destra, con la guerra drammaticamente aperta ad ulteriori aggravamenti.

Il seme, oltreché per l’incerto presente, servirebbe molto per l’ancor più incerto futuro. Per riprendere un cammino, di cui si avverte tutta la necessità. E un cammino che ripensi ad una politica in grande, rifondata nella società e capace nuovamente di rappresentare strumento di lotta e di liberazione per le masse popolari, di un conflitto che veda come giustizia sociale e giustizia ambientale sono insieme e insieme reclamano un radicale mutamento di paradigma.

Altrimenti .con rispetto parlando, sceglieremo tra uno un po’ più di sinistra nel Pd, magari Articolounista, cedendo al richiamo inutile del voto utile, o l’Anguria o la Bandana sbiadita napoletano-calabrese o, drammaticamente, temo, il rimanere a casa dei più.