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Maysoon Majidi alla sbarra in un’aula piena di solidarietà

Maysoon Majidi alla sbarra in un’aula piena di solidarietàMaysoon Majidi durante l’udienza di ieri nel Tribunale penale di Crotone foto di Silvio Messinetti

Il mondo libero Terza udienza ieri a Crotone. Reti antirazziste mobilitate per l’attivista curdo-iraniana

Pubblicato 23 giorni faEdizione del 19 settembre 2024

Solo posti in piedi per Maysoon Majidi. L’aula del Tribunale penale di Crotone, dove si celebra la terza udienza del processo a carico dell’attivista e drammaturga curdo-iraniana, è strapiena. La mobilitazione in corso da settimane sui media e lungo le reti antirazziste ha prodotto gli effetti sperati.

Partecipazione ampia. Il piazzale di viale Mazzini è già pieno sin dalle 11. Arriva il deputato europeo Mimmo Lucano (The Left) con la compagna Lemlem Tesfahun. Ha da poco tenuto una partecipata iniziativa nel quartiere Tufolo. Attacca frontalmente il ministro degli Interni: «La legge Piantedosi sull’immigrazione è completamente sbagliata perché tiene in carcere una ragazza che ha aiutato gli altri profughi a sopravvivere durante il viaggio in mare».

L’AREA INTORNO AL PALAZZO di Giustizia è tappezzata di cartelli, manifesti e disegni per Maysoon. C’è un fermento palpabile. Sembra di ritornare ai giorni della tragedia di Cutro. Crotone allora si ravvivò per testimoniare affetto e cordoglio per i 100 morti della cala di Steccato. Il Pala Milone, l’impianto dove vennero disposte le bare, è a due passi da qui. Oggi ci si mobilita per reclamare una giustizia giusta. Persino il rapper Fedez nel concerto di ieri a Reggio aveva lanciato un appello per Maysoon, reclusa nella città dello Stretto.

C’è fermento anche tra le forze dell’ordine. Il diktat di non fare entrare tutti, «solo una delegazione», parrebbe categorico. Poi alla fine viene garantita la partecipazione del centinaio di antirazzisti che entrano a gruppi di dieci. Presente il consigliere regionale Ferdinando Laghi (De Magistris presidente) che ha visitato più volte, anche nella veste di medico, l’imputata nella travagliata custodia carceraria. Giunti nella città pitagorica militanti da Catanzaro, Cosenza, Reggio, Catania, con la Rete antirazzista siciliana, da Roma e da Napoli. Sventolano le bandiere dell’Arci e dei collettivi della sinistra di base.

MAYSOON ARRIVA IN RITARDO, dopo le 13. L’udienza è così rimandata di un paio di ore. Entra da un ingresso secondario e si accomoda al banco degli imputati. La cruda immagine dell’attivista in gabbia, che aveva particolarmente colpito nell’ultima udienza, è solo un brutto ricordo.

Il fitto calendario del rito immediato, chiesto e ottenuto dalla procura, prevede l’escussione dei poliziotti che identificarono i naufraghi del battello, incagliatosi nelle secche di Gabella il 31 dicembre. Si tratta dei teste dell’accusa che la fotografarono e registrarono le sue generalità, coloro i quali le domandarono chi comandasse sulla barca, sono gli stessi che dopo un po’ la prelevarono per arrestarla prima e tradurla poi nella casa circondariale di Crotone, con l’accusa di favoreggiamento dell’immigrazione irregolare. Da allora è iniziato l’incubo di Maysoon, «la scafista».

Visibilmente provata, indossa una camicia chiara da cui traspare nitidamente il dimagrimento. Da pochi giorni ha ripreso lo sciopero della fame. Ma a preoccupare sono più le condizioni psicologiche. Chi l’ha visitata la descrive depressa e turbata, con abituali attacchi di panico. Anche se fortemente determinata. Chi ha vissuto sulla propria pelle le persecuzioni dei teocrati di Teheran, e lei ancor di più per il fatto di essere curda, ha la scorza dura.

SI SIEDE ACCANTO AL SUO LEGALE, Giancarlo Liberati. È lo stesso avvocato, del foro reggino, che rappresenta nel processo di Locri Marjian Jamali, la giovane madre iraniana, ai domiciliari per le stesse ipotesi di reato contestate a Maysoon. A cui invece i domiciliari sono stati negati per ben tre volte. Malgrado i pericoli di fuga siano apparentemente inesistenti e malgrado si sia trovata una struttura, nella Presila crotonese, disposta a ospitarla nella custodia restrittiva.
L’udienza presso il Riesame per la scarcerazione è calendarizzata il 17 ottobre a Catanzaro. Il collegio giudicante è presieduto da Mario D’Ambrosio mentre l’accusa è rappresentata dalla pm Rossella Multari.

I funzionari di polizia, incalzati dalle domande della difesa. ripercorrono i momenti del fermo di Maysoon quando la giovane venne bloccata insieme ad altre 4 persone che si erano allontanate su un tender. Confermano la versione dell’accusa secondo cui Maysoon avrebbe detto nell’immediatezza del fermo di esser diretta in Germania. L’escussione scorre per circa due ore.

DOPO PRENDE LA PAROLA Maysoon per alcune dichiarazioni spontanee. Ricostruisce il viaggio, si dichiara a più riprese innocente. Si sofferma particolarmente nella lettura delle chat inviate a parenti e amici durante la traversata che dimostrerebbero che era tutt’altro che «la capitana» del natante. Ovvero una semplice “passeggera” che insieme al fratello era salpata dalla Turchia in cerca di libertà per fuggire da repressione e persecuzione. Processo aggiornato al primo ottobre. Per le audizioni di interpreti e mediatori.

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