Matteo Orfini era tra quelli che il 26 luglio, durante la direzione del Pd, aveva messo in guardia il partito sulla difficoltà di siglare un patto con Azione: «Non si può essere il partito ambientalista rivendicato da Letta – le sue parole – se poi sei alleato con chi, come Calenda, propone il nucleare».

Era una strada difficile fin dall’inizio.
Ero non l’unico a segnalare che un tentativo per accordarsi con Calenda andava fatto ma questo portava con sé alcune difficoltà. A partire dall’operazione che stava facendo raccogliendo chi era uscito da Forza Italia, cosa per noi molto complicata da digerire, ma anche per le caratteristiche e il modo con cui è solito vivere la sua attività politica, per così dire. Avevo segnalato quello che Letta sapeva benissimo, che sarebbe stata un’operazione in salita. Il segretario ci ha provato in tutti i modi, merita il Nobel per la pazienza. Se non c’è riuscito lui vuol dire che proprio non era possibile. Se addirittura si considerano gli ambientalisti un nemico contro i quali rompere un’alleanza, allora davvero si era nel posto sbagliato. Sulle soluzioni si può discutere, ma mettersi nella posizione di considerare chi difende l’ambiente un problema non è possibile.

Chiuso il patto il 2 agosto tra Pd e Azione, il commento è stato: «Accordo importante per vincere nei collegi ma di Calenda mi preoccupa l’atteggiamento». Fino a invocare tre giorni dopo un hacker per bloccargli i social.
Era un accordo al quale avevamo lavorato con grande generosità sia sul terreno delle concessioni sul computo di seggi e collegi sia nel riconoscimento di alcuni punti che Calenda poneva. Ma nel patto era compreso il fatto che avremmo fatto un lavoro analogo e speculare con Sinistra italiana e Verdi, Calenda lo sapeva. Che fosse tutto chiaro lo hanno confermato gli amici di +Europa, era tutto evidente e alla luce del sole. Dopodiché, conoscendo il leader di Azione, avevo qualche perplessità sulla tenuta dell’accordo. Abbiamo passato anche troppo tempo a discutere di Calenda, in bocca al lupo, spero che smetta di fare la campagna elettorale contro il Pd ma provi anche lui a togliere voti alla destra.

«Il miglior alleato del Pd è il Pd» è la tua posizione assunta via social. Marcando la distanza dal tema alleanze.
Quando c’è un fatto traumatico per il paese come la fine del governo Draghi, al di là di quello che legittimamente ognuno pensa su quell’esperienza, il compito principale di una grande forza politica è cercare di sconfiggere la tentazione di una parte dell’elettorato a non partecipare al voto. E poi convincere gli elettori che si possono e si devono fare le cose per cambiare il Paese. Ed è più facile parlando agli italiani di temi e problemi con un profilo più netto di quello a cui in questi anni abbiamo abituato gli elettori, piuttosto che con le alchimie delle alleanze. Per fortuna la fase di costruzione dello schieramento è finita, possiamo cominciare la campagna elettorale. Ho apprezzato la pazienza e la perseveranza per costruire un’alleanza più larga possibile, oggi siamo con Si, Verdi, + Europa, convinciamo gli elettori. Il tutti contro la destra non basta.

Uscito Calenda è possibile ricostruire il campo largo con i 5s?
È una vicenda chiusa definitivamente.

Senza un pezzo di centro cambierà la proposta del Pd? Verrà meno il richiamo a Draghi?
Dobbiamo mettere al centro l’agenda dei dem che è fatta anche di alcune cose che abbiamo provato a mettere nel programma del governo Draghi: salario minimo, rinnovo dei contratti, il contrasto alla diseguaglianze. Da quel pezzo dobbiamo ripartire. Certo, quell’agenda era figlia di un compromesso con forze differenti, ci sono cose che riconosciamo come nostre più di altre. I temi ambientali sono un’enorme questione, fondamentale per ridefinire un modello di sviluppo per il Paese, non possiamo far finta di non vedere la gravità della situazione. Ridefinire il modello di sviluppo significa anche costruire una società in cui il lavoro non sia povero, la precarietà venga combattuta come ha fatto il governo spagnolo, ci sono riforme che non possiamo più ritardare come il salario minimo. Ambiente, questione sociale e diritti civili sono i temi su cui caratterizzare la proposta di governo.

I nuovi assetti cambiano anche gli schemi per le liste?
Dobbiamo mettere insieme una squadra di candidate e candidati convincente. A noi spetta di fare bene la lista del Pd e poi trovare la quadra negli uninominali valorizzando il contributo degli alleati. Adesso è più facile perché la coalizione è abbastanza omogenea, la discussione potremo affrontarla con più tranquillità.