«Non dimenticare quanti hanno lottato per la difesa degli ideali di indipendenza e di libertà che permisero la liberazione dell’Italia dall’oppressione nazi-fascista». Sergio Mattarella ha incontrato ieri al Quirinale una rappresentanza delle Associazioni combattentistiche e d’Arma, alla vigilia del 78esimo anniversario della liberazione.

E ha lodato «l’impegno e la determinazione» che queste associazioni «impiegano ogni giorno per tener viva la memoria di un periodo tra i più drammatici della nostra storia, contribuendo in ampia misura a far conoscere e non dimenticare» i protagonisti della Resistenza.

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PAROLE CHIARE, CHE CHIUDONO la porta a tutti i tentativi revisionisti che negli ultimi giorni sono arrivati da destra, compresa la seconda carica dello Stato. Oggi Mattarella sarà all’Altare della patria, con la premier Meloni e i due presidenti delle Camere. Poi volerà in Piemonte, prima a Cuneo (nella casa-museo dedicata al partigiano Duccio Galimberti), poi a Borgo San Dalmazzo e a Boves.

A San Dalmazzo nel 1943 le Ss catturarono 349 profughi ebrei che poi furono deportati ad Auschwitz. A Boves ci fu nel ’43 la prima rappresaglia dei nazisti contro la popolazione civile: 25 vittime civili, tra cui il parroco Giuseppe Bernardi, che tentò di salvare gli abitanti. Con Mattarella ci sarà anche il ministro della Difesa Crosetto (Fdi), di Cuneo, che a domanda sulle parole di La Russa aveva risposto: «Io il 25 aprile sarò con la prima carica dello Stato, non la seconda…».

«IL 25 APRILE È PATRIMONIO nazionale», ha detto ieri il presidente della Camera Lorenzo Fontana al Corriere. «Ritengo che sia un errore non riconoscersi in questa ricorrenza: l’antifascismo è un valore. Allo stesso modo, tante volte mi è capitato di pensare che sia un errore festeggiare la Liberazione come se fosse la festa solo di una parte, perché il suo valore è proprio questo: alla Resistenza hanno partecipato non soltanto comunisti e socialisti, ma anche liberali, monarchici e tanti cattolici».

I TENTATIVI REVISIONISTI di La Russa non sono però rimasti senza conseguenze. «Il partito di Meloni compia una chiara e irreversibile dissociazione dalla storia e dalla cultura politica del Ventennio», la richiesta del presidente Anpi Gianfranco Pagliarulo. «Mi ha colpito che il presidente del Senato si rechi a Praga a rendere omaggio a Jan Palach che è sicuramente un eroe della libertà, ma ci sono altri 364 giorni all’anno per farlo: il 25 aprile sarebbe stato più logico portare un fiore alle Fosse Ardeatine, a Marzabotto o a Sant’Anna di Stazzema».

Anche il messaggio indirizzato domenica da Gianfranco Fini ai suoi ex colleghi di partito non è passato inosservato. «Spero che Meloni colga questa occasione per dire senza ambiguità e reticenze che la destra italiana i conti con il fascismo li ha fatti fino in fondo quando è nata An», ha detto a «In mezz’ora in più», invitando la premier e La Russa a «dire chiaramente che libertà, giustizia, solidarietà sono valori antifascisti, perché sono i valori della Costituzione».

«Fini parla da semplice cittadino», la replica gelida del ministro Lollobrigida. «Berlusconi nel 2009 a Onna ha chiuso il capitolo per tutti. Chiedere gli esami del sangue ogni giorno a Giorgia Meloni è sbagliato», dice il ministro degli Esteri Tajani, di Forza Italia, che oggi sarà alle Fosse ardeatine a nome del governo. «Vedo in giro molta voglia di strumentalizzare».

L’EX LEADER DI +EUROPA BENEDETTO Della Vedova, che fu tra i finiani, dà ragione all’ex presidente della Camera: «Fdi ha riportato le lancette dell’orologio della destra a prima di Fiuggi. Fra La Russa e Meloni che tace si riapre una questione, evidentemente non risolta, su qualcosa che sembrava acquisito». Possibile che oggi Meloni, oltre ad accompagnare il Capo dello Stato all’Altare della patria, faccia un’altra uscita pubblica. E trovi l’occasione per ribadire il suo pensiero, e cioè che si tratta di «una festa di libertà e democrazia» che non sono «patrimonio della sinistra».

Dal Pd, che oggi sarà al corteo di Milano con la segretaria Elly Schlein, arriva una proposta: «La destra consenta di incardinare la proposta di legge per il riconoscimento di Bella Ciao quale canzone del 25 aprile», dice Stefano Vaccari, primo firmatario.