Che il governo italiano consideri la maternità surrogata un «reato universale» importa assai poco in un contesto regolato da diritti fondamentali dell’uomo, da patti internazionali ratificati e dalle Convenzioni europee. Per questo la Corte europea dei diritti umani (Cedu) ha condannato lo Stato italiano per aver violato i diritti di una bambina, nata legalmente in Ucraina nell’agosto del 2019 tramite madre surrogata, impedendo a vari livelli il riconoscimento legale del rapporto di filiazione con il padre biologico italiano, «senza considerare una soluzione alternativa». Per quattro anni la bimba infatti è stata costretta a vivere in Italia come un fantasma, non trascritta all’anagrafe, quindi senza diritti, senza cure mediche né servizi scolastici, e senza cittadinanza: un’apolide, perché la legge ucraina stabilisce che i nati da Gestazione per altri siano registrati come figli del padre biologico e della madre intenzionale, con relativa nazionalità. La Corte di Strasburgo ha quindi stabilito (con sei voti contro uno) che le autorità italiane dovranno versare alla bimba 15 mila euro per danni morali e 9.536 per le spese legali sostenute dai genitori. Una sentenza importante, quella denominata «C vs Italia», soprattutto perché costringe (o almeno dovrebbe) la destra italiana a riportare l’insensata legge-manifesto, che ha già avuto un mese fa il via libera dalla Camera, in un binario di civiltà giuridica.

LA CEDU RICOSTRUISCE: «Nel settembre 2019 la coppia ha chiesto all’ufficiale di stato civile di un comune italiano di inserire tutti gli estremi dell’atto di nascita ucraino del bambino nel relativo registro di stato civile. Nel dicembre 2019 l’ufficio dello stato civile ha respinto tale richiesta in quanto tale registrazione era contraria all’ordine pubblico. I ricorsi della coppia contro tale decisione non hanno avuto successo. Il padre biologico ha quindi presentato, senza successo, richiesta di trascrizione parziale degli estremi di nascita all’ufficiale di stato civile di un altro comune nel quale aveva trasferito la residenza».

SECONDO STRASBURGO, è stato violato l’articolo 8 della Convenzione Edu, per «un’ingerenza» nel diritto della bimba «al rispetto della sua vita privata». Malgrado «la scelta dei mezzi con cui consentire il riconoscimento del rapporto giuridico tra il minore e l’aspirante genitore rientra nel margine di discrezionalità degli Stati», sussiste in una «società democratica» il dovere di trovare una soluzione «tempestiva ed efficace», «nell’interesse del bambino». Qualunque sia la «modalità con cui viene accertata o riconosciuta la filiazione di un bambino nato tramite maternità surrogata all’estero (registrazione parziale o totale dei dati dell’atto di nascita straniero, adozione totale o semplice, nuova costituzione della persona giuridica rapporto nello Stato di residenza del minore)», si legge nella sentenza, lo Stato deve accertare la filiazione nel minor tempo possibile, in modo che il minore non sia «mantenuto per un lungo periodo in una posizione di incertezza giuridica».

NEL CASO SPECIFICO, nonostante il parere favorevole del pm, il giudice naturale aveva respinto la richiesta di trascrizione integrale dell’atto di nascita per «incompatibilità con l’ordine pubblico». La trascrizione parziale era stata rifiutata anche dalla Corte d’Appello (per motivi procedurali) e dall’ufficiale di stato civile. Insomma, il padre biologico non ha trovato, per quattro anni, un modo per dare identità personale a sua figlia. Nessuna violazione, invece per quanto riguarda il mancato riconoscimento di filiazione tra la bimba e la madre intenzionale.

UNA VICENDA KAFKIANA, questa, che si potrebbe verificare per ciascuno dei «circa 2.000 bambini che ogni anno nascono nel nostro Paese grazie alle tecniche eterologhe», come ricorda Filomena Gallo, segretaria dell’Associazione Coscioni: «In Italia stiamo assistendo a un attacco continuo alle persone che riescono a diventare genitori con la fecondazione assistita, una politica di governo iniziata nel 2004 con la legge 40 che siamo riusciti a modificare grazie alle persone e alla Consulta. Con l’attacco alla Gpa, e il continuo richiamo alla figura della madre biologica, si vuole arginare anche l’eterologa che è lecita in Italia». C’è bisogno di una legge specifica per evitare «altre condanne davanti alla Corte Edu», afferma l’avvocata Gallo che invita perciò la maggioranza di governo a discutere la legge per la Gpa solidale elaborata dall’associazione Coscioni e depositata al Senato dal senatore Ivan Scalfarotto. «Perché l’assenza di una legge in materia continuerà ad avere come conseguenza la palese violazione dei principi fondamentali della Cedu».