«Oggi Giorgia Meloni può vincere semplicemente perché i referendum sono stati boicottati dal Pd e dal M5S, facilitando il compito anti referendario della Consulta. Perché se il 12 giugno gli italiani avessero votato su eutanasia e cannabis, Meloni e Salvini sarebbero due leader freschi di sconfitta (lo assicuravano i sondaggi), e avrebbero dimostrato di essere perdenti nel Paese sul tema dei diritti». Marco Cappato, ex europarlamentare e leader dell’associazione Coscioni, spiega così la necessità di presentare una nuova lista – «Per i referendum e la democrazia» – alle elezioni del 25 settembre. Se solo si potesse.

Avete lanciato un appello al governo e al presidente Mattarella, insieme al movimento paneuropeo Eumans da lei fondato, che è stato sottoscritto da 500 personalità, oltre che da Prc, Verdi, Radicali italiani, Movimenta, Possibile, Volt Italia e Socialisti democratici. Perché?

Perché le liste si possano sottoscrivere anche attraverso lo strumento digitale, lo Spid, come è già stato fatto per gli scorsi referendum. Visto che c’è poco tempo e che solo i partiti presenti in Parlamento sono esentati dalla raccolta delle firme.

Dovete raccogliere 60.000 firme per dimostrare di esistere. Sembra una regola di buon senso…

E invece è una discriminazione doppia che riguarda la grande mole di firme ma anche l’impossibilità di alleanza. Perché le firme da raccogliere sono sulla lista composta dai candidati sia del sistema proporzionale che del maggioritario. Siccome il collegio uninominale viene deciso dai partiti coalizzati, dovremmo avere l’accordo già concluso oggi, con un partito presente in Parlamento, su tutti i candidati per i collegi uninominali. Chi è già in Parlamento, può decidere eventuali alleanze anche a ridosso della scadenza prevista per il 22 agosto. Noi invece dovremmo raccogliere 60 mila firme ripartite per ciascuno dei 221 collegi uninominali in cui è divisa l’Italia, con relativa certificazione elettorale dei Comuni. Significa, in poche parole, divieto di coalizione per i partiti non presenti in Parlamento.

Cosa è cambiato rispetto al 2018, altra elezione con il Rosatellum?

Tempi e modi senza precedenti. Perché, sopravvenuta la crisi di governo, il presidente Mattarella non ha nemmeno verificato l’esistenza di un’altra maggioranza in Parlamento. Il suo è stato un atto politico, dettato dalla volontà di evitare che la legge di Bilancio venisse votata in un periodo pre-elettorale e con un governo instabile. Il fatto che sia accaduto in agosto, quando negli uffici comunali il personale è ridotto, rende l’impresa impossibile. Il realismo, utilizzato dal presidente Mattarella, dovrebbe valere per tutti: rendiamoci conto di cosa vuol dire nel Paese dovere presentare le liste a Ferragosto. Con questa legge elettorale Forza Italia non si sarebbe potuta presentare alle elezioni nel 1994, perché avrebbe dovuto raccogliere le firme con accordi già conclusi con la Lega, Alleanza Nazionale, ecc… Mentre oggi Di Maio deve passare dall’esenzione di Tabacci. Al di là della possibilità teorica, resa però quasi impraticabile, l’unico modo di concorrere alle elezioni per un esponente di movimenti e partiti non già rappresentati sarebbe quello di entrare individualmente in una lista già presente in Parlamento.

Perché sentite la necessità di presentare una nuova lista? Se ne sentiva la mancanza?

La lista è nata dall’urgenza di esprimere la violazione dei diritti politici e civili degli italiani, cose ben più importanti dell’inceneritore a Roma. In questa legislatura si è impedito il voto sui referendum di iniziativa popolare, malgrado i due milioni di firme raccolte, e si sono lasciate scadere senza discutere neanche un minuto le leggi di iniziativa popolare sull’eutanasia e sulla cannabis. Dopo aver abrogato di fatto le leggi di iniziativa popolare e i referendum, ora con questo sistema elettorale e senza gli accorgimenti che noi chiediamo viene abrogata anche la possibilità di presentarsi alle elezioni per chi non appartiene al club ristretto.

I referendum sono stati bocciati dalla Corte costituzionale, però.

Con una sentenza politica. Il presidente Giuliano Amato ha detto delle cose false nella sua conferenza stampa, e addirittura ha espresso un parere contro la legge dello Stato che permette la raccolta digitale di firme sui referendum. Dunque quella sentenza non è stata in punta di diritto. Lo dico assumendomene tutta la responsabilità. Ed è per questo che Meloni oggi è vincente: l’hanno fatta vincere nei contenuti e nel metodo, con la negazione della democrazia partecipativa.