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Marcia indietro di Scholz Berlino si arrende a Parigi

Marcia indietro di Scholz  Berlino si arrende a ParigiOlaf Scholz – Ap

Un atomo di democrazia Germania pronta ad astenersi davanti alla scelta nucleare dell’Unione europea

Pubblicato quasi 3 anni faEdizione del 5 gennaio 2022

«Grazie a Olaf Scholz, Annalena Baerbock e Christian Lindner per il vostro saluto di Capodanno. Sembra che in Europa non vi opporrete a classificare come sostenibili il gas e il nucleare. Chi voleva raggiungere l’obiettivo climatico di 1,5 gradi con la Coalizione del Futuro?».
Così l’ironica replica del Fridays For Future tedesco ai rumors diffusi dalla «Reuters» sulla probabile astensione del governo Semaforo nel voto sulla tassonomia energetica dell’Ue. Sarebbe una clamorosa retromarcia rispetto al phase-out avviato in Germania cinque giorni fa con la chiusura di metà delle centrali atomiche operative, e soprattutto la prova che Berlino non ha la forza per opporsi alla politica nuclearista della presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen.

IERI IL PORTAVOCE del governo, Steffen Hebestreit, ha precisato che la proposta Ue è «ancora in via di valutazione e nulla è deciso» mentre la responsabile energia della Spd, Nina Scheer, continua ad aspettarsi che durante le consultazioni a Bruxelles la fissione non venga classificata come tecnologia di transizione, pur ammettendo che in caso contrario «sarebbe difficile cambiare la proposta». In particolare Scheer accusa la Commissione Ue di «non aver effettuato la classificazione secondo il regolamento sulla tassonomia» ricordando che la Francia produce energia nucleare su larga scala ma solo grazie all’intreccio tra le filiere civile e militare.

Ma sarà difficile far cambiare opinione all’Ue anche secondo la ministra dell’Ambiente, Steffi Lemke (Verdi): «Dubito che la proposta potrà essere rivista. La Francia ha preso una posizione molto chiara insieme alla maggioranza degli Stati membri». E la Germania fa dietro-front anche sul ricorso contro il regolamento europeo sull’energia. Contrariamente agli annunci dei giorni scorsi, il governo Scholz conferma che «l’azione legale sarebbe possibile solo se la Commissione Ue avesse travalicato la sfera di competenza. Non possiamo cioè opporci al contenuto del regolamento» è la spiegazione tecnica del governo Scholz.

La ragione politica, anche se nessuno lo ammette, è che invece Berlino voglia evitare lo scontro frontale con Parigi finendo in minoranza nell’Ue. Esattamente la stessa strategia alla base della nomina del nuovo presidente della Bundesbank, meno “falco” del predecessore che pure nell’ultimo decennio ha relegato la Germania all’angolo dei tavoli sull’Eurozona.

MENTRE I VERDI precisano che la decisione sul nucleare, in realtà, non è attesa per la fine del mese bensì a metà anno, come riassume Michael Bloss, eurodeputato dei Grünen: «Il Parlamento di Bruxelles e gli Stati membri hanno ancora quattro mesi per decidere se assegnare l’etichetta ecologica a gas e nucleare e il periodo può essere esteso di altri due mesi. Avremo dunque a che fare con la questione per i prossimi sei mesi» sottolinea il politico di Stoccarda citando il comma 6 dell’articolo 23 della bozza di regolamento Ue.

In ogni caso il governo Scholz resta nel mirino del Fridays For Future. Oltre al nucleare resta inaccettabile la transizione ecologica incardinata sul gas che la Germania considera imprescindibile nonostante la produzione inquinante. «Il cancelliere si ostina a ripetere l’ errore dell’ultimo governo Merkel considerandola come una tecnologia-ponte anche se gli scienziati hanno dimostrato che non ne abbiamo bisogno. Il ponte di Scholz ci porterà dritti verso la crisi climatica» chiosano gli ambientalisti.

Tuttavia il dibattito sul gas in Germania ormai è chiuso. Oltre al raddoppio del “Nordstream” appena completato il patto di coalizione fra Spd, Verdi e Fdp prevede il via libera alle centrali a gas che in futuro potranno essere riconvertite a idrogeno, e quindi a riguardo in Europa non mancherà l’appoggio di Berlino.

Per ora di irreversibile rimane solo l’uscita dal nucleare della Germania: entro dicembre 2022 verranno scollegati dalla rete elettrica gli ultimi tre reattori operativi prima del decommissioning la cui fine è prevista non prima nel 2040. L’opposizione in Europa, invece, potrebbe limitarsi alla moral-suasion confermata ieri dal ministro della Giustizia, Marco Buschmann. «Faremo il possibile per cambiare l’orientamento dell’Ue esercitando tutta l’influenza della Germania» assicura l’esponente dei liberali spalleggiato dalla segretaria Spd, Saskia Esken: «Non c’è niente di ecologico nel nucleare. Promuovere questa tecnologia è indifendibile».

PUNTO FERMO ribadito anche dal vice-cancelliere dei Verdi Robert Habeck, che però è tutt’altro che ottimista: ai collaboratori ha confessato come «sarà molto difficile fermare la proposta della Commissione Ue». Servirebbe il voto contrario di 20 dei 27 Stati membri, evento considerato impossibile dopo che il greenwashing dell’atomo «è stato deciso insieme da tempo». La firma tedesca? Quella dell’ultimo governo Merkel.

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