Manovra, il «buco» nei conti c’è per la Ue ma in Italia non si vede
Il vicepresidente della Commissione Dombrovskis al governo: «C’è il rischio di una deviazione, dovete intervenire». La richiesta di non fare passi indietro sulle pensioni e di applicare la riforma Fornero
Il vicepresidente della Commissione Dombrovskis al governo: «C’è il rischio di una deviazione, dovete intervenire». La richiesta di non fare passi indietro sulle pensioni e di applicare la riforma Fornero
Sul «sentiero stretto» di Padoan è rispuntato il «buco» nei conti pubblici. Per la Commissione europea esiste, e può essere allargarsi se il governo cederà alle richieste dei sindacati di bloccare l’aumento automatico dell’età pensionabile stabilito dalla «riforma» Fornero. Per il governo, invece, il «buco» non si vede e gli interventi minimali sulle pensioni proposti ai sindacati l’altro ieri non aggraveranno la situazione già precaria dei conti pubblici. La differenza corre sul filo di un paio di decimali. Per l’occhiuta commissione, già oggi e senza intervento sulle pensioni, l’Italia rischia una «deviazione significativa» degli obiettivi se non aumenterà dallo 0,1% allo 0,3% le previsioni sul saldo strutturale. Viceversa, dal ministero dell’Economia sostengono che il rischio non c’è e i 3-5 miliardi di euro di differenza non comportano una manovra extra.
IL MISTERO DEL «BUCO» che si vede a seconda della città dove si analizzano i conti pubblici italiani dipende dal metodo di calcolo sulla stima dell’«output gap», ovvero la differenza tra il prodotto interno lordo effettivo e quello potenziale. Una questione oscura non chiarita da tempo e che turba i rapporti tra Roma e Bruxelles.
LA SITUAZIONE è così allarmante da avere spinto i custodi dell’austerità a inviare una lettera al governo. I commissari ordinano di non fare un passo indietro sulle «riforme strutturali» (le pensioni, appunto, per non parlare del Jobs Act) e avvertono: già nel 2017 la «pensione con il mutuo» – l’Ape (anche in versione «social» – peggiorerà il saldo strutturale. Estenderla al 2018 rischia di fare cadere qualche carta dal debito pubblico che Padoan vedrebbe invece in diminuzione. Il tutto aggravato dall’incertezza sulle entrate dalla lotta all’evasione attraverso lo split payment, una produttività sin troppo bassa, dai titoli tossici bancari (gli «Npl») e la disoccupazione elevata oltre l’11%, difficilmente mascherabile con nuove invenzioni statistiche.
«IL GOVERNO deve usare le entrate impreviste per ridurre il debito» ha detto il vicepresidente della Commissione Ue Valdis Dombrovskis all’Ansa. La metafora del «sentiero stretto» è musica per le orecchie a Bruxelles che apprezza gli «sforzi per la competitività e la crescita», anche se invita a non «annacquare le disposizione principali della manovra». Ad esempio, cedendo ai sindacati.
LA QUERELLE durerà almeno fino a maggio prossimo. Per evitare di turbare il clima pre-elettorale italiano, i contendenti continueranno a cercare il buco lungo il «sentiero stretto» in silenzio. Si tenderà a scongiurare una manovra aggiuntiva, praticando un aggiustamento dei conti «in corsa». Ipotesi formulata mentre ieri dal ministero dell’Economia giungevano messaggi rassicuranti ispirati alla fiducia nel «dialogo costruttivo» con l’Ue. Insomma, l’incertezza durerà altri sei mesi. Per il momento l’economia è stata rimandata in primavera, periodo non proprio ideale per fare gli esami di riparazione. Questo è un problema non da poco per il prossimo governo. Appena insediato, rischia di dovere affrontare una bocciatura della Commissione, facendosi legare le mani sull’economia senza nemmeno avere concluso il trasloco degli scatoloni del precedente esecutivo. Già questo scenario può influire sulla campagna elettorale dove gli avversari della «renzinomics» sono tanti e agguerriti.
NEL FRATTEMPO, cresce l’attesa dell’emendamento del governo sulle pensioni, mentre Mdp-Sinistra Italiana ne annunciano altri «migliorativi» dopo avere incontrato la Cgil. Tra le misure allo studio, una nuova pioggia di «bonus», tra cui uno sui bebè e un altro alle famiglie che hanno figli che fanno «lavoretti». In pratica, un incentivo al precariato da «gig economy». Tra i 700 emendamenti è spuntata anche la richiesta di allargare le maglie del vecchio condono edilizio.
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