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Macron saluta Borne, il governo con il difetto iniziale

Macron saluta Borne, il governo con il difetto inizialeElisabeth Borne – Ap

Francia Spinta a dimettersi dal presidente, lascia dopo un anno e 7 mesi alla testa di un governo che non è mai stato approvato dall’Assemblée con un voto di fiducia, per mancanza di maggioranza assoluta. Per il prossimo primo ministro, che sarà nominato oggi, questo passaggio sarà determinante

Pubblicato 9 mesi faEdizione del 9 gennaio 2024

Elisabeth Borne ha dato le dimissioni, non è più prima ministra. Emmanuel Macron, che l’ha spinta a dimettersi, l’ha ringraziata «di tutto cuore» per il «lavoro esemplare» di un anno e 7 mesi alla testa del governo. Il margine di manovra di Macron resta limitato, per la nomina del prossimo capo di governo attesa per questa mattina: ha solo una maggioranza relativa e in un paese allergico alle coalizioni di governo, l’abbandono di Borne non risolve il problema. Anche nell’ipotesi della nomina più distruttiva, il giovane Gabriel Attal, da poco ministro dell’Education nationale, 34 anni, i problemi di maggioranza resteranno. Il prossimo consiglio dei ministri è domani.

Il nuovo primo ministro dovrà affrontare le elezioni europee, dove i sondaggi anticipano una vittoria dell’estrema destra del Rassemblement national.

Elisabeth Borne, ex Prefetto che ha un passato nel Ps, ha dovuto far ricorso per 23 volte all’articolo 49.3, la fiducia rovesciata, per far passare le leggi in un parlamento dove non aveva la maggioranza assoluta: due leggi emblematiche, un martirio per una prima ministra che aveva origini di sinistra, sono state la riforma delle pensioni, con l’innalzamento dell’età da 62 a 64 anni, contestata da mesi di manifestazioni e, da poco, la legge sull’immigrazione, accusata di aver ceduto ideologicamente all’estrema destra, con delle norme che accolgono la “priorità nazionale” (meno diritti per gli stranieri), una legge considerata da Marine Le Pen del Rassemblement national «una vittoria ideologica».

Il 25 gennaio il Consiglio Costituzionale dovrebbe dare il parere su vari aspetti della riforma, Macron e Borne avevano scelto questa strada ambigua dopo aver dovuto riprendere a loro nome un testo sull’immigrazione redatto dalle destre del Senato (la sinistra ha scelto di bloccare la discussione del testo all’Assemblée).

Borne, per rispondere alle richieste di dimissioni di Macron, ha ripreso i termini di Michel Rocard, un suo lontano predecessore, che sotto Mitterrand aveva avuto rapporti conflittuali con l’allora presidente. Anche Rocard, senza maggioranza assoluta, aveva fatto un ricorso massiccio al 49.3. Borne ha fatto fronte a una trentina di “mozioni di censura” delle opposizioni. Dopo le tensioni sulle pensioni, la legge sull’immigrazione ha causato una lacerazione tra i macronisti. Aurélien Rousseau, ex direttore di gabinetto di Borne, si è dimesso da ministro della Sanità, il solo malgrado la fronda dei ministri venuti dalla sinistra.

Il governo Borne era nato con un difetto iniziale: non è mai stato approvato dall’Assemblée nationale con un voto di fiducia, per mancanza di maggioranza assoluta. Per il prossimo primo ministro, questo passaggio sarà determinante.

Borne è stata la seconda prima ministra francese (dopo Edith Cresson con Mitterrand). Accusata di essere troppo austera, Macron ha scelto di voltare pagina nella speranza di trovare una personalità più strettamente politica, per incarnare e rilanciare un secondo mandato presidenziale che non è mai veramente decollato dopo la rielezione del 2022. Come se il progetto iniziale del 2017, il “progressismo”, anche e soprattutto europeista, contro il nazionalismo dell’estrema destra, mancasse oggi di respiro di fronte a un’offensiva mondiale di ripiego identitario, di paura, che soffoca ogni ottimismo in un mondo sempre più pericoloso.

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