«Lo dice la Cassazione». È questa la motivazione con la quale il prefetto di Milano e prima di lui il ministro dell’interno, attraverso la circolare 3/2023 del capo del dipartimento per gli affari interni, hanno fatto arrivare al sindaco di Milano l’ordine di non rilasciare più certificati anagrafici con due padri o due madri. L’iniziativa sulla linea prefettizia Piantedosi-Saccone non è del tutto spontanea, perché sono stati i consiglieri comunali di Fratelli d’Italia a sollecitare l’intervento del rappresentante del governo in città. Del resto in parlamento il partito di Meloni ha chiesto più volte addirittura di cancellare la bigenitorialità anche ai figli che nel frattempo l’hanno ottenuta, in diverse città, Roma compresa. Neanche i due prefetti sono arrivati a tanto.

Ma cos’ha detto davvero la Cassazione? Innanzitutto, e già dal 2016, che la doppia maternità per le bambine e i bambini nati all’estero dove la fecondazione assistita è consentita alle coppie omosessuali va riconosciuta anche nel nostro paese. Non così, invece, per le bambine e i bambini ugualmente concepiti ma nati in Italia, perché la Cassazione considera non aggirabile il divieto introdotto dalla legge 40 del 2004 che esclude le coppie dello stesso sesso dal ricorso alla fecondazione assistita. Lo stesso ostacolo della stessa legge – che prevede il divieto assoluto di maternità surrogata (con pena fino a due anni per chi vi ricorre) – vale per figlie e figli nati dalla gestazione per altri.

Di casi del genere la Cassazione si è occupata nel 2019 ed è tornata a occuparsene recentemente (sentenza 30 dicembre 2022). Le sezioni unite civili hanno negato la possibilità di registrare come genitore il «padre intenzionale», malgrado lo stato estero (nel caso, il Canada) lo avesse registrato accanto al padre biologico. In questo senso anche una decisione della Corte costituzionale del 2021, che però ha richiamato il legislatore a intervenire per assicurare adeguata tutela ai minori. La formula della «adozione in casi particolari» da parte del genitore intenzionale, infatti, presenta diversi limiti. Innanzitutto non è azionabile dai figli, poi non attribuisce la piena genitorialità e infine è subordinata al consenso del genitore biologico. Non è una soluzione, dunque neanche per la Cassazione che invoca anche lei l’intervento del legislatore. Perché «il nato non ha colpa della violazione del divieto di surrogazione di maternità ed è bisognoso di tutela come e più di ogni altro».