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«L’urto dell’inquinamento selvaggio sui più poveri»

«L’urto dell’inquinamento selvaggio sui più poveri»Fridays for Future in India – Ap - LaPresse

Nanda Kishor insegna nel Dipartimento di geopolitica e relazioni internazionali dell’Università di Manipal, in India. Sul ruolo dell’India al tavolo del G20 e nell’ottica di Glasgow, commenta: «In India l’inquinamento […]

Pubblicato circa 3 anni faEdizione del 2 novembre 2021

Nanda Kishor insegna nel Dipartimento di geopolitica e relazioni internazionali dell’Università di Manipal, in India. Sul ruolo dell’India al tavolo del G20 e nell’ottica di Glasgow, commenta: «In India l’inquinamento dell’aria ha causato la morte prematura di circa 1,7 milione di persone fino al 2019 e una perdita economica di 36,8 miliardi di dollari, pari all’1,36% del Pil. La pandemia non solo ha aumentato i morti, ma ha anche reso sempre più povere le popolazioni delle dimenticate zone rurali, quelle che subiscono gli effetti inquinanti delle aree urbane come Nuova Delhi».

Nanda Kishor

Possiamo dire che l’India si colloca fra i maggiori “colpevoli” di emissioni climalteranti, con danni che si ripercuotono sulle sue aree più povere?

Non la metterei così. La questione, come sempre, si legge con la complessità. Si parla spesso di inquinamento selvaggio indiano, è così, ma non è così semplice; in relazione alle politiche sostenibili sarebbe d’obbligo affiancare lo sguardo esperto socio-economico dei singoli vasti territori, soprattutto quando afflitti da povertà estrema. La popolazione, ad oggi, in alcune zone rurali, vive al di sotto della soglia di povertà, con 1,25 dollari al giorno. Queste persone sopportano ovviamente l’urto dei problemi causati dal cambiamento climatico. Tuttavia c’è grande bisogno di un percorso di sviluppo che sia sì sostenibile, ma anche realizzabile in maniera progressiva, per non aggravare l’urto.

A parte i cambiamenti che forse verranno da Glasgow, l’India sta già facendo qualcosa per correre ai ripari?

Mai nessuno ricorda che in India esiste il Fair Climate Network, una delle più grandi reti di organizzazioni non governative indiane, nata proprio per facilitare lo sviluppo agricolo a basse emissioni di carbonio.

Dunque il problema è anche educativo a livello politico e a livello dei singoli cittadini?

Ma certo! Il climate change, nell’immediato, è un nemico trascurabile per i problemi dei più poveri, ma sul lungo periodo sono proprio queste persone, come noto, a farne davvero le spese in termini di malattie, di siccità e di ulteriori carenze di risorse. Le aree rurali, devastate dai problemi ambientali, hanno anche un altissimo tasso di analfabetismo e non sempre riescono ad avere una reale consapevolezza dei problemi. Per questo il discorso non può esser diviso fra innocenti e colpevoli.

Che impressione ha della politica di Modi, conciliante al summit di Roma e a Glasgow?

Narendra Modi è il primo “primo ministro dei media” dell’India. Dal giorno in cui è stato eletto, in realtà da molto prima, la sua immagine è stata accuratamente coreografata per fare appello all’elettore e massimizzare i voti. È un fenomeno che è stato visto negli Usa con Reagan e Clinton, ma l’India non ha mai avuto un primo ministro così esperto di media e immagine. Stiamo attenti: questo controllo sui mezzi di comunicazione ha reso Modi quasi inattaccabile.

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