La Ue sospende il versamento di tutti gli aiuti allo sviluppo per la Palestina. Anzi no, «mantiene gli impegni», come dichiara in serata l’alto rappresentante Josep Borrell, perché «avrebbe solo rafforzato ulteriormente i terroristi». Dunque la sospensione non è una vera sospensione, anche perché, spiegano, non erano in programma nuovi stanziamenti e il periodo di attesa servirà a «riesaminare l’insieme del portafoglio di sviluppo». Al termine di una giornata di annunci e smentite, dunque, il «tutti i finanziamenti sono rimandati fino a nuovo ordine» annunciato in mattinata dal commissario Oliver Varhelyi non vale più. Conta la «revisione» che servirà a garantire che «nessun finanziamento permetta indirettamente a un’organizzazione terroristica di compiere attacchi contro Israele». Meccanismo di salvaguardia che in realtà sarebbe già, ovviamente, previsto.

In mattinata, l’Austria (paese neutrale) ha congelato tutti i versamenti alla cooperazione allo sviluppo in bilaterale (19 milioni di euro), ha reso noto il ministro degli esteri, Alexander Schallenberg: «L’ampiezza del terrore è spaventosa, è una rottura, non si può riprendere come se non fosse successo nulla». Anche la Germania ha annunciato la sospensione «temporanea» degli aiuti allo sviluppo bilaterale: verranno fatti «controlli» sull’uso dei soldi, sono 125 milioni di euro, mentre restano i 73 milioni per l’aiuto umanitario. Borrell, ha convocato per oggi una riunione dei ministri degli esteri Ue, a Mascate in Oman, dove si trova per il Consiglio di Cooperazione del Golfo (molti saranno collegati via video). Ieri sera telefonata Macron, Biden, Scholz, Sunak e Meloni. Oggi discussione sulla guerra al Parlamento europeo.

LA UE È il principale finanziatore dei palestinesi. Si trova sul filo del rasoio, tra condanna unanime dell’assalto terrorista contro la popolazione israeliana e la necessità di non privare i palestinesi degli aiuti: a Gaza il 62% della popolazione è dipendente dall’assistenza alimentare, secondo l’Onu. Fare la guerra al terrorismo e non ai palestinesi. Nel febbraio scorso, la Ue si era impegnata per 296 milioni di euro a favore dei palestinesi (199 per l’Autorità palestinese e 97 a favore dell’Unrwa, agenzia Onu per i rifugiati). La Ue contribuisce a pagare i dipendenti pubblici e le pensioni, per gli ospedali, per l’acqua e la desalinizzazione, per la formazione dei giovani, gli aiuti alla piccola e media impresa. Dal 2021 al 2024, sono stati stanziati 1,8 miliardi di euro per contribuire allo sviluppo economico e sociale, ricostruzioni, con in prospettiva «la promozione di uno stato palestinese», perché la Ue promuove una soluzione a due stati. La Ue in questo periodo stava tentando di rilanciare il processo di pace, esiste persino un «rappresentante speciale» per la pace in Medio Oriente, l’ex deputato olandese Sven Koopmans, ed era in via di elaborazione un Peace Supportin Package. Ma l’attacco di Hamas ha azzerato tutto.

DAGLI ACCORDI di Oslo, 30 anni fa, la Ue ha usato la politica degli «assegni». Israele ha messo ostacoli, di recente per esempio ha accusato di «terrorismo» sei organizzazioni palestinesi che ricevono soldi dall’Europa. Per prudenza, Bruxelles aveva congelato i fondi, ma non avendo trovato prove delle accuse israeliane, li aveva sbloccati. Adesso tutto è rimesso in causa. Da tempo, Polonia e Ungheria criticano la politica palestinese della Ue. «La Ue ha sempre dovuto equilibrare due posizioni nei confronti di Israele – spiega Hugh Lovatt del think-tank European Council on Foreign Relations – Una centrata sulla sicurezza, l’economia, dove difende i propri interessi; l’altra, dove difende i propri valori, in particolare nel sostegno ai palestinesi e al processo di pace. Oggi siamo chiaramente scivolati sul lato della difesa dei propri interessi». E questo già prima dell’attacco terroristico di Hamas. Tanto più che, con la guerra in Ucraina, la Ue ha firmato con Israele un grosso contratto per l’importazione di gas.

Bruxelles è il primo partner commerciale di Israele, con cui ha un trattato di associazione. Ma ha poco potere geopolitico, per sfruttare questa arma a favore della soluzione a due stati. Nella Ue, solo la Svezia riconosce la Palestina, la cui indipendenza è stata dichiarata dal Consiglio nazionale palestinese nel 1988.