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L’ultima idea Usa: stop alle sanzioni se Maduro lascia

L’ultima idea Usa: stop alle sanzioni se Maduro lasciaIl presidente venezuelano Maduro – Afp

Venezuela Il piano anticipato sul Wall Street Journal dall'inviato di Trump: oltre al presidente dovrebbe farsi da parte (temporaneamente) anche il leader dell'opposizione Guaidó. La risposta di Caracas: «Non accetteremo mai la tutela da parte di un governo straniero»

Pubblicato più di 4 anni faEdizione del 2 aprile 2020

Una settimana dopo l’incriminazione del presidente Maduro per narcoterrorismo e cospirazione, con tanto di taglia da 15 milioni di dollari per informazioni utili al suo arresto, il governo degli Stati uniti ha tentato una nuova offensiva, stavolta sotto forma di un «Accordo per la transizione democratica».

Una sorta di ricatto con cui il Dipartimento di Stato offre il ritiro delle sanzioni in cambio, di fatto, della rinuncia del presidente che dovrebbe essere tuttavia accompagnata, a sorpresa, dal simultaneo passo indietro di Juan Guaidó.

Il piano Usa, anticipato sul Wall Street Journal dall’inviato speciale per il Venezuela Abrams e poi presentato in conferenza stampa dal segretario di Stato Pompeo, prevede che sia Maduro che Guaidó si facciano da parte – come fossero sullo stesso piano – per consentire la formazione di un Consiglio di stato incaricato di convocare nuove elezioni generali, in un periodo tra sei mesi e un anno.

Ma la «pseudo proposta» statunitense, che va a braccetto con la minaccia di sanzioni ancor più drastiche, non poteva andare incontro a un rifiuto più netto e indignato.

Il Venezuela, si legge nel comunicato del governo bolivariano, «è un paese libero, sovrano, indipendente e democratico, che non accetta né accetterà mai la tutela da parte di qualsiasi governo straniero». Men che meno da parte dell’amministrazione Trump, così «miserabile» da cercare di ottenere «un vantaggio geopolitico nel mezzo della più terrificante pandemia globale» e così inumana da impedire al Venezuela di acquisire gli strumenti necessari per affrontare l’emergenza.

A farsi da parte, prosegue la nota, dovrebbe essere Trump, considerando il «clamoroso fallimento» del sistema sanitario statunitense e l’«irregolare, improvvisata e disumana gestione della pandemia» da parte della sua amministrazione.

Né il governo bolivariano poteva rinunciare a dare una stoccata a Guaidó, la marionetta scaricata dal burattinaio, che gli ha «sfilato la poltrona» dopo averlo scelto «come punta di lancia» della propria strategia golpista.

Per il leader dell’opposizione il governo Usa ha pensato a un contentino: conserverebbe la guida dell’Assemblea nazionale incaricata sia di scegliere i nuovi membri del Consiglio nazionale elettorale e del Tribunale supremo di giustizia che di dare vita al Consiglio di stato destinato a ricoprire le funzioni di governo di transizione. E per indorare di più la pillola Pompeo si è detto certo di ritrovare lui a capo dello Stato dopo regolari elezioni, dal momento che «le vincerebbe» di sicuro.

Mentre Maduro risale nei sondaggi per la sua efficace risposta all’epidemia (solo 143 i casi di contagio), Guaidó è stato indagato dalla Procura del Venezuela per «tentato colpo di stato e tentato omicidio» in seguito a un’indagine sul sequestro in Colombia di un deposito di armi destinate a essere contrabbandate nel paese, nel quadro di un piano per l’assassinio del presidente.

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