La Commissione Ue torna a bacchettare il governo italiano sulle concessioni balneari. Nelle raccomandazioni diffuse ieri, Bruxelles ha sottolineato come in Italia «sfide di lunga data persistono in ambiti specifici come le procedure per l’affidamento delle concessioni balneari: i ritardi nell’attuazione di procedure di aggiudicazione trasparenti e competitive per tali concessioni, così come la loro mancanza di redditività per le autorità pubbliche, rimangono motivo di preoccupazione, in particolare dato che i miglioramenti apportati con la legge annuale sulla concorrenza 2021 sembrano ostacolati dai successivi interventi legislativi».

La Commissione Ue si riferisce alla proroga voluta dal governo Meloni, che a febbraio 2023 ha rinviato di un anno il termine previsto dalla legge sulla concorrenza di Draghi per indire le gare sulle concessioni balneari, dal 31 dicembre 2024 al 31 dicembre 2025.

In verità, dai banchi dell’opposizione Fratelli d’Italia predicava l’esclusione totale dei balneari dalle gare, previste dalla direttiva europea Bolkestein. Ma da quando è a Palazzo Chigi, oltre alla mini-proroga, Meloni non ha fatto nulla di concreto sul tema. Nel frattempo i comuni hanno iniziato a predisporre i bandi per riassegnare i titoli in scadenza; anche perché il rinvio di un anno è stato ritenuto illegittimo dal Consiglio di Stato.

La questione ha provocato tensioni e scontri interni al centrodestra, che si sono manifestati nei giorni scorsi col decreto coesione. Lì la Lega aveva presentato un emendamento per completare la mappatura del demanio marittimo, abbandonata da Palazzo Chigi, e per introdurre il valore aziendale degli stabilimenti, ai fini degli indennizzi economici ai concessionari uscenti.

La proposta era stata ritenuta incoerente dal Quirinale, che ne ha chiesto il ritiro, ma la Lega ha provato fino all’ultimo ad approvarla lo stesso. Non tanto per sfidare Mattarella, bensì per mettere in luce l’inerzia di Fratelli d’Italia sui balneari.

Alla fine è prevalsa la linea del ritiro, sostenuta dal ministro Raffaele Fitto, e l’emendamento della Lega è diventato un inutile ordine del giorno. Nell’annunciare il dietrofront, il capogruppo Massimiliano Romeo ha detto di avere ricevuto «ampie rassicurazioni da Palazzo Chigi di affrontare l’argomento in uno dei prossimi consigli dei ministri». Ma è ciò che il governo dice da oltre un anno.