I tre banner con i loro colori vivaci e lo stile pop sembrano stridere con la sacralità di una sala in cui le chitarre dialogano con le fotografie (fondamentalmente in bianco e nero), i poster e tra gli oggetti più insoliti il casco d’argento da motocicletta che sembra uscito da una puntata di Star Trek (è quello della foto di copertina di The Legendary Hearts), oltre a un gilet verde con l’immagine di Lou Reed in positivo e negativo, realizzato a mano da una fan particolarmente creativa. Però proprio a quelle tre immagini dipinte nel 2010 da M. A Roberts per l’annuale Mermaid Parade di Coney Island è affidata da una parte l’intimità delle relazioni affettive, dall’altra la popolarità dei personaggi ritratti: Lou Reed (re Nettuno), Laurie Anderson (regina sirenetta) e Lola Belle, la loro «royal mer dog».

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Gli «altri» Velvet Underground

MIGLIAIA di documenti e memorabilia tra lettere e biglietti, musicassette, vinili e cd, registrazioni audio e video di prove, concerti e interviste – naturalmente ci sono anche le chitarre, tra cui la leggendaria Fender Electric XII e la Bolin elettrica usata per la registrazione dell’album Set the Twilight Reeling – ripercorrono la biografia di Lou (Lewis Allan) Reed (New York 1942-2013) offrendo allo spettatore un incontro ravvicinato nelle sale della New York Public Library for the Performing Arts. Un tempio della cultura che ospita per l’occasione la mostra Lou Reed: Caught between the twisted stars a cura di Don Fleming e Jason Stern (fino al 4 marzo 2023) che include anche la Research Room e la Listening Room.


Se alcune immagini e documenti relativi ai Velvet Undergound e al rapporto con Andy Warhol provengono dalle collezioni del The Andy Warhol Museum di Pittsburgh ed altri focalizzati su scrittura e poesia sono di proprietà del musicista e produttore Don Fleming, tutto il resto del materiale è stato donato dall’artista, musicista e filmmaker Laurie Anderson (nonché moglie di Lou Reed dal 2008 dopo esser stati insieme dalla fine degli anni ‘90) alla stessa New York Public Library for the Performing Arts. Ci sono voluti quasi dieci anni per catalogare i materiali e mettere in moto il processo della donazione, ma offrire alla collettività questo fondo prezioso ha reso particolarmente felice la donatrice.
«Prima di tutto perché Lou è un newyorchese leggendario e la sua opera appartiene alla città – ha affermato Laurie Anderson – e secondo perché la biblioteca ha libero accesso ed è pubblica. Questa non è una collezione con i guanti bianchi!».
Del resto «New York City is the place where they said ‘Hey babe, take a walk on the wild side’», come canta Lour Reed in Walk On The Wild Side (il titolo è preso in prestito dall’omonimo romanzo di Nelson Algren), in una delle sue canzoni più iconiche dell’album Transformer, invitando ad una neanche troppo metaforica «passeggiata sul lato selvaggio della città» in piena attività febbrile dei suoi abitanti.
La foto della copertina è di Mick Rock: in mostra anche il foglio dei provini a contatto del ’72 e tra le altre immagini dello stesso autore anche quelle realizzate durante le registrazioni al Great Newport Street Studio di Londra nella primavera/estate 1975.

IN UN VIDEO di parecchi anni dopo, i due siedono uno accanto all’altro, sorridono e guardano insieme le foto d’altri tempi. «Amo suonare la chitarra con altre persone. Mi piace farlo davanti alla folla eccitata. Niente può eguagliarlo. Mi piace veramente suonare canzoni rock and roll», affermava lo stesso Lou Reed.
Tra i numerosi fotografi che hanno raccontato il personaggio c’è anche Waring Abbott (autore nel 1988-89 dello shooting per la copertina di New York), Jeff Albertson, Andrew Cifranic, l’italiano Luciano Viti con i suoi scatti a colori durante il soundcheck di Legendary Hearts il 7 settembre 1983 all’Arena di Verona e Laura Levine che immortala Lou e John Cale in Songs for Drella (1989). L’esposizione è una straordinaria occasione per parlare anche di incontri e amicizie, proprio come quella tra il musicista d’avanguardia John Cale, fondatore nel ‘65 con Lou Reed dei Velvet Underground anche prima che si chiamassero così (The Falling Spikes e poi The Warlocks).


Quanto al produttore Hal Willner (1956-2020), di cui la New York Public Library for the Performing Arts conserva lo studio straripante di pupazzi e LP, la «complicità» tra i due risulta consolidata fin dal 1985.
Nella formazione del grande musicista è stata fondamentale non solo la lettura di autori come William S. Burroughs, Sylvia Plath, T. S. Eliot ma anche la frequentazione di personaggi della beat generation come Allen Ginsberg. Il fondo contiene anche libri e riviste, corrispondenze varie e poesie, a partire dalla raccolta autoprodotta The lonely woman quarteley, scritta da Reed ai tempi del college.
Altrettanto importante nella sua impostazione rigorosa al lavoro e nell’ambire ad uno stile di vita «da guerriero», la pratica per oltre venticinque anni dell’arte marziale cinese del Tai Chi con il maestro Ren GuangYi. In una teca sono esposte insieme alle tre spade (il guan dao, la spada dritta e la spada curva) anche i diari con gli appunti di Lou Reed.
«Vorrei la forza e la grazia che non ho mai avuto la possibilità di imparare – scrive – il Tai Chi mette in contatto con la forza invisibile – sì – dell’universo. Cambia la tua energia, cambia la tua mente».