Difendere il territorio sì, difendere il territorio no. Il governo italiano sembra confuso di fronte alle manifestazioni per l’ambiente: alcune le incoraggia, come i trattori; altre le reprime con il carcere. Come se non importasse tanto il cosa, ma il chi. L’Onu con il nuovo rapporto «Repressione delle proteste ambientaliste e disobbedienza civile» firmato da Michel Forst, l’inviato speciale per i difensori dell’Ambiente e dei Diritti umani, punta i riflettori sullo stato di violazione del diritto di protesta.

Un fenomeno esteso a macchia d’olio nel democratico occidente in cui l’Italia fa da capofila. Si fa riferimento alla recente legge eco-vandali, entrata in vigore a gennaio, che può punire anche con il carcere coloro che danneggiano non solo le opere d’arte, ma anche i materiali di rivestimento, come il basamento di una statua. Proprio i target delle proteste dei gruppi ambientalisti. Più che legge contro dei reali vandali, è ormai chiaro anche all’Onu il carattere di legge ad hoc contro le azioni di chi si schiera contro l’emergenza climatica.

Nel lavoro, frutto anche di consultazioni dirette con Extinction Rebellion e Amnesty International, l’Onu riporta l’uso del codice antimafia per reprimere le proteste ambientaliste. Tra queste i fogli di via, che vietano la permanenza in una città alla persona che li riceve, anche se è lì che si vive. Sono nominati in particolare i casi di Torino della scorsa estate: a quindici attivisti di Xr, dopo aver distribuito dei volantini, è stato vietato di entrare nel capoluogo piemontese anche per due anni. L’indagine di Forst è durata oltre un anno in diversi paesi e ha concluso che la repressione con la quale gli stati fronteggiano le proteste degli eco attivisti rappresenta una minaccia grave per la democrazia e per il rispetto dei diritti umani.

Secondo lo special rapporteur «l’emergenza ambientale che stiamo affrontando collettivamente e che gli scienziati documentano da decenni non può essere affrontata se coloro che lanciano l’allarme e chiedono un’azione vengono criminalizzati per questo». E ancora «L’unica risposta legittima all’attivismo ambientale pacifico e alla disobbedienza civile a questo punto è che le autorità, i media e il pubblico si rendano conto di quanto sia essenziale per tutti noi ascoltare ciò che i difensori dell’ambiente hanno da dire». Nel rapporto non mancano passaggi in cui Forst sottolinea il ruolo negativo dei media che criminalizzano lo proteste degli eco attivisti, spesso definendo le loro azioni come «terroristiche».

Il caso della legge contro gli «eco vandali» in Italia è tutt’altro che isolato. Nel rapporto viene affiancato al Police, Crime, Sentencing and Courts Act del 2022 e al Public Order Act del 2023 nel Regno unito, così a come le recenti disposizioni che in Germania vietano qualsiasi forma di protesta pacifica, sit-in compresi. In Spagna nella relazione per l’anno 2022 della procura, Extinction Rebellion viene citata come una delle organizzazioni del «terrorismo internazionale». Eppure, fa notare amaramente Forst, tutte le nazioni ispezionate e citate nel rapporto aderiscono alla Convenzione di Aarhus, in base alla quale le proteste pacifiche per l’ambiente sono un esercizio legittimo del diritto a partecipare al processo decisionale, coloro che vi partecipano dovrebbero essere protetti.