Terra, acqua, aria. La guerra in Ucraina sembra proseguire in modo sempre più stratificato, coinvolgendo non solo i combattimenti di truppe e mezzi corazzati ma anche ripetute campagne missilistiche e attacchi a ponti e navi.

LA NOTTE di domenica ha visto edifici distrutti e vite di civili spezzate lontano dal fronte: come riportano le diverse autorità locali, nella regione di Zaporizhzhia il fuoco russo ha raggiunto ventiquattro villaggi e causato la morte di due ultrasettantenni e il ferimento di una donna di 64 anni; nell’oblast di Kharkiv, un cinquantenne è deceduto mentre altre cinque persone hanno subito lesioni.

A Odessa, dove meno di un mese fa aveva creato scalpore la distruzione della Cattedrale della Trasfigurazione, i detriti dei missili Kalibr lanciati assieme ai droni hanno provocato l’incendio di un supermercato e il danneggiamento di altre strutture, con tre persone ferite; il giorno precedente nell’area di Kherson, costantemente sotto l’artiglieria dell’esercito di Putin, sette persone hanno perso la vita tra cui una coppia con i giovani figli (12 anni l’uno, soli 23 giorni l’altro).

Si tratta del proseguimento di una strategia di «terrore aereo» che i russi hanno iniziato a mettere in atto lo scorso autunno, cercando di colpire inizialmente soprattutto le infrastrutture energetiche ucraine. Ma dopo un paio di mesi di relativa calma, da maggio, si è diretta in maniera più imprevedibile e maggiormente deliberata contro la popolazione e contro edifici civili.

In particolare, in seguito al ritiro di Mosca dall’accordo sul grano, numerosi attacchi si sono concentrati sul porto di Odessa e nell’area del delta del Danubio (in un’occasione lambendo pericolosamente il confine rumeno), nel tentativo di ostacolare le operazioni commerciali del paese aggredito e di danneggiarne ulteriormente l’economia.

«Non lasceremo alcun crimine russo senza risposta – ha affermato il presidente ucraino Zelensky, che ieri si è recato in visita alle truppe di stanza nella regione di Donetsk – Ogni giorno i nostri combattenti rispondono colpo su colpo al terrore dell’occupante, e lo fanno dappertutto».

NON SONO solo parole: nel fine settimana, le autorità russe hanno parlato di diversi attacchi ucraini nella regione di Belgorod e in Crimea tramite droni, mentre è da diverso tempo che il ponte di Kerch (costruito dopo l’annessione del 2014 per congiungere la penisola alla terraferma) si trova nel mirino dei missili di Kiev. La tendenza dei prossimi mesi potrebbe dunque essere quella di intensificare incursioni, diversivi e operazioni distanti dal fronte del Donbass, che si trova in una fase di prolungato stallo (almeno in termini di riconquiste territoriali).

Lo conferma indirettamente anche il generale dell’esercito statunitense David H. Petraeus: «Gli attacchi nei territori russi o occupati dai russi sono cruciali per gli sforzi delle forze ucraine – ha spiegato in un’intervista pubblicata ieri su La Stampa – Ritengo inoltre ridicolo non sostenere gli sforzi ucraini di attaccare obiettivi militari anche in Russia, dato il modo in cui Mosca ha brutalmente attaccato le infrastrutture ucraine, molte delle quali sono di natura civile».

Coerentemente con tale strategia, Kiev ha dichiarato «legittimi bersagli» le navi russe che transitano sul Mar Nero e nel corso dell’ultima settimana una petroliera e un trasporto truppe sono stati danneggiati da droni marini ucraini. Dal canto suo, domenica, un’imbarcazione da guerra russa ha sparato un segnale di avvertimento verso un cargo diretto al porto ucraino di Izmail e lo ha in seguito abbordato per un controllo, con una dinamica definita dalle autorità di Kiev «violazione del diritto marittimo».

SE SUL CAMPO di battaglia regna dunque una certa confusione e non si registrano avanzamenti decisivi, anche a livello diplomatico non si scorgono possibili svolte. Anzi, dopo aver partecipato ai colloqui di pace promossi da Zelensky in Arabia saudita, la Cina ha inviato il ministro della Difesa Li Shangfu a Mosca, dove è atterrato ieri in procinto di restare fino a sabato con tappa prevista anche in Bielorussia. Gli equilibri non mutano, la guerra continua.