Alla Grande Sala del Popolo a Pechino Xi Jinping ha accolto con tutti gli onori il presidente di un paese che è impegnato da due anni in una guerra ai confini dell’Europa, e che da mesi si prepara in modo esplicito a un lungo conflitto con l’occidente. «Qui mi sento come a casa», le parole pronunciate dal presidente russo Vladimir Putin dopo l’ennesima stretta di mano con Xi a favore di fotografi.

Alla vigilia della visita, la prima dall’inaugurazione del quinto mandato al Cremlino, Putin aveva definito Xi «saggio e illuminato». I due leader avranno anche visioni del mondo diverse, ma i piani in questa fase sembrano avere raggiunto un grado elevato di compatibilità, e il riferimento a una «nuova era» nella dichiarazione finale del vertice è inteso dai russi proprio in quel senso: «I nostri negoziati», ha detto sempre Putin, «hanno dimostrato ancora una volta che le risposte di Russia e Cina e molti problemi, internazionali e regionali, sono vicini o coincidono».

IL VIAGGIO ARRIVA a pochi giorni da una operazione di rimpasto nella cerchia che è stata minima nei movimenti, ma pesante nelle nomine.

Al ministero della difesa è salito a sorpresa Andreij Belousov, 65 anni, la maggior parte passati nei principali istituti di ricerca moscoviti. Belousov non è un militare e neanche un politico di professione. È un tecnico, un economista, un profondo conoscitore del sistema produttivo russo.

Putin lo ha chiamato per sistemare i conti dell’apparato bellico. Non si tratta solamente di mettere fine alle ruberie che nelle ultime settimane sono costate il carcere a un viceministro, Timur Ivanov, e a un generale dello stato maggiore, Yurij Keznetsov.

Il primo obiettivo è integrare l’industria e l’esercito, e in questo processo i rapporti con la Cina saranno decisivi. Nel suo discorso a Pechino, Putin ha ribadito davanti a Xi l’importanza degli scambi fra i due paesi, arrivati nel 2023 a 240 miliardi di dollari. Non è un segreto per nessuno che una parte consistente sia legata ai prodotti tecnologici cinesi che la Russia importa nonostante le sanzioni.

LA NOMINA di Belousov ha provocato un significativo effetto a catena.

L’ex ministro della difesa Sergeij Shoigu, che per due anni è stato il volto della guerra in Ucraina assieme a Putin e al capo di stato maggiore Valery Gerasimov, ha tolto la divisa ed è stato trasferito al Consiglio di sicurezza, un organismo consultivo e senza budget in cui siedono le più importanti figure istituzionali del paese.

La reputazione di Shoigu è stata compromessa dai recenti scandali corruzione e prima ancora dalla rivolta dello scorso anno del Gruppo Wagner. I rapporti personali con Putin gli garantiscono la permanenza ai piani alti del potere russo: ieri, a Pechino, era seduto proprio a fianco del presidente.

Chi lo ha preceduto al Consiglio di Sicurezza, un altro fedelissimo come Nikolaij Patrushev, considerato un falco nei rapporti con l’occidente, è entrato a far parte del circolo di “aiutanti” al Cremlino.

LA RUSSIA si trova, così, con progetti economici sempre più diretti alla produzione di armamenti; con un Consiglio di sicurezza militarizzato; e con voci radicali attorno al presidente.

Questa traiettoria si legge anche nell’accordo firmato da Putin e Xi. Il settimo capitolo è dedicato alla cooperazione in ambito bellico, dal settore nucleare all’intelligenza artificiale. Proprio in quella, Russia e Cina condannano «i tentativi degli Stati Uniti di violare l’equilibrio strategico» e gli sforzi per trasferire ad alleati «che hanno un chiaro orientamento antirusso e anticinese» armi atomiche a medio raggio.