Un’antologia «ideata, composta e tradotta mentre a Kyjiv suonavano le sirene antiaeree, mentre molti dei suoi abitanti scappavano dalla città per portare in salvo i loro figli dalla guerra e mentre altri sceglievano di rimanere nei rifugi».

NELLE PAGINE di Dimensione Kyiv (a cura di Yaryna Grusha Possamai, traduzioni di Alessandro Achilli e Yaryna Grusha Possamai, Bur, pp. 378, euro 18) si respira tutta l’urgenza di una realtà sconvolta dalla guerra. Ma, al tempo stesso, questa brillante antologia che si presenta nella forma di un «viaggio letterario in una città ferita nelle voci di classici e contemporanei», consente di riflettere sull’anima stessa di una città, sulle molte voci che hanno contribuito a definirla nel corso del tempo e sulla sua identità a un tempo cosmopolita e intrecciata in modo inestricabile alla cultura locale.

Non a caso, pensato come una vera antologia, il volume mette insieme un testo del poeta nazionale ucraino Taras Ševcenko e quelli di alcuni celebri scrittori e poeti di lingua russa come Nikolaj Gogol’, Michail Bulgakov e Anna Achmatova che a Kyjiv hanno trascorso periodi importanti della loro vita. Non solo, malgrado sia concluso dal Diario redatto da Olena Stjazkina nei primi giorni dell’invasione russa del febbraio del 2022, il libro è organizzato come una topografia narrativa della città che si snoda attraverso i secoli e le zone principali della capitale Ucraina, dal Podil alla salita Andrijivs’kyj, dalla via Instytuts’ka al Pecers’k. Ricomponendo idealmente le contraddizioni morfologiche, e le culture, della metropoli, Dimensione Kyiv finisce per testimoniarne la dimensione molteplice e resistente, tutta la complessità e la forza di cui è capace di fronte alle avversità.

ANCHE PER LA SCRITTRICE e poetessa ucraina Oksana Zabuzko il punto di partenza è l’invasione russa dello scorso anno. Nel suo Il viaggio più lungo (Einaudi, pp. 124, euro 13, traduzione di Alessandro Achilli) però l’itinerario è percorso in qualche modo all’inverso, utilizzando quel momento terribile per illuminare una lunga fase storica che l’autrice fa risalire perlomeno agli anni Settanta dell’era sovietica, ma in realtà nella relazione centenaria tra Russia e Ucraina.

Nell’opera, Zabuzko si interroga sulla cecità dell’Occidente nei confronti dell’autocrazia imperiale e minacciosa cresciuta a Mosca negli anni di Putin, ma anche sulle vere ragioni di fondo dell’attuale conflitto che hanno reso la primavera democratica che ha cominciato a muovere i primi passi a Kyjiv con l’indipendenza da Mosca nel 1991 una minaccia diretta al sistema di potere del Cremlino. Una minaccia da fermare ad ogni costo. Non a caso, scrive Zabuzko, «abbiamo sconfitto tutte le operazioni speciali (dei russi) di questo secolo volte all’eliminazione dell’Ucraina perché il nostro asso nella manica è l’unità e la forza dell’agire collettivo, qualcosa che nel rinato impero dei servizi segreti manca del tutto, perché non credono che possa esistere».