Sono capaci di dorare alla perfezione torte e biscotti su un assolato balcone d’inverno in novanta minuti. Nella calura dell’estate evitano di riscaldare la casa mentre si cucinano i pasti. Sono oltre 300 i modelli di forni e fornelli solari, di varie tipologie: a pannelli, a scatola, a parabole, fra i più diffusi. Dispositivi che cuociono il cibo concentrando con appositi specchi i raggi del sole su recipienti chiusi. Un’alternativa pulita, a zero emissioni, fa risparmiare, conserva bene le proprietà nutritive dei cibi. Non solo: la tecnologia solare è open source e i modelli più semplici sono autocostruibili, con l’aiuto di un corso.

CUCINARE CON IL SOLE IN ITALIA: l’Associazione italiana per la cucina solare – Aics) si propone di diffondere questa cultura e questa pratica. Fondata da un gruppo di professionisti e appassionati, offre una «biblioteca» di pubblicazioni, manuali e video di autocostruzione, incontri. E’ stata avviata la collaborazione con alcune università sugli aspetti dell’applicabilità della cottura solare in diversi contesti, dello studio di nuovi materiali più efficienti e del contenuto in nutrienti. Inoltre, «due pagine Facebook – Cuochi solari italiani e Cocineros solares sin fronteras in Spagna – servono a scambiare idee, notizie, prototipi, ricette», dice Mercedes Mas, che negli anni 2000 animava il progetto Cucine solari per l’Africa – un impegno non abbandonato.

SPIEGA IL VICEPRESIDENTE DELL’AICS, l’ingegnere riminese Matteo Muccioli: «Ci occupiamo della cottura degli alimenti esclusivamente attraverso la radiazione solare. Nulla che abbia a che fare con l’elettrico o il fotovoltaico – benché esistano anche tecnologie ibride». A livello mondiale in questi ultimi anni «le cucine solari hanno fatto passi da gigante. E non ho ancora trovato un aspetto negativo in questo modo di cucinare. Davvero l’unico limite è la luce».

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Il primo forno di Matteo, il Muma, è del 2015, mentre stava lavorando a un concentratore solare per produrre idrogeno per termolisi. Poi sono arrivati il Newton (oggetto di una pubblicazione scientifica) e nel 2019 il Kimono Solar Cooker (ugualmente oggetto di pubblicazione): un forno solare a pannelli a geometria variabile il cui piano di costruzione è da tempo sul sito della Solar Cookers International (l’organizzazione mondiale di riferimento). Altre due versioni del Kimono sono più difficili da realizzare, anche per via dei materiali necessari e sono il Trio del 2022, compatto, con pannelli curvi, progettato dopo tante prove per piccoli balconi e davanzali; e il Butterfly del 2023.

«IL KIMONO RIESCE A LAVORARE IN MODO MOLTO diverso a seconda delle situazioni, se viene lasciato più aperto o meno aperto in funzione dell’altezza del sole. Non ha un ambiente di cottura come il forno a scatola; occorre dunque, quanto al cosiddetto «ricevitore», un involucro in vetro trasparente nel quale inserire la pentola, per fare effetto serra. E la pentola deve essere tutta nera». C’è un limite al fai da te visto che abbiamo a che fare con alimenti: le pentole non vanno verniciate a domicilio. In compenso, c’è chi ricava l’involucro unendo due oblò di lavatrici di recupero.

LE ORE DI SOLE UTILIZZABILI SU UN TERRAZZO, un balcone ben esposto, un giardino o altro luogo disponibile, mediamente in estate vanno dalle 9,30 alle 17, in inverno dalle 11 alle 13, in Italia. Alcuni modelli, fra i quali il Kimono, permettono di essere lasciati soli: sono «abbandonabili» a lungo una volta orientati. Comunque è già un atto di indipendenza e sostenibilità utilizzare il dispositivo solare nei giorni di presenza sul luogo della cottura, per ricavarne cibi che durano tutta la settimana (torte dolci e salate, pane, biscotti). Si tratta anche di trovare l’apparecchio giusto per le proprie diversificate esigenze, tempo compreso: cucinare gli alimenti, sterilizzare o scaldare l’acqua, scaldare i cibi già cucinati.

NEL SUO LABORATORIO A ROMA, l’ingegner Alessandro Varesano, attivista della cucina solare da oltre dodici anni e presidente dell’Aics, sta finendo di montare un modello Kimono destinato a una socia. Ma la sua specialità è un forno più complesso, che ha chiamato Helio e fa bella mostra di sé in un angolo. Fatto a fiore con tanti petali, capiente anche a seconda del modello, ha un ambiente di cottura completamente chiuso e ben isolato. In 5 minuti arriva a da 0°C a 100°C e con 15 minuti a 200°C, la temperatura più utilizzata, raggiunta in qualsiasi stagione, ovviamente in assenza di vere nuvole. Oltre alla cottura classica, con Helio si può usare il metodo della vasocottura: va a braccetto con la bassa temperatura, va tenuta sempre fra i 65°C e i 100°C, utilizzando tempi più lunghi.

«IL MIO FOCUS, QUANTO ALLA CUCINA SOLARE, è la ricerca e il coinvolgimento degli addetti ai lavori, i professionisti del mondo della ristorazione, gli chef. Non è facile, soprattutto in Italia per via della cultura culinaria consolidata. Ma il problema, pensando ai ristoranti, è soprattutto il tempo meteorologico, mentre per l’orientamento verso il sole in continuo movimento è già a punto la movimentazione automatica. Con Helio il sole entra proprio nel cibo, cucinando quindi con i raggi della luce, una modalità differente rispetto alle microonde e anche rispetto ai classici forni a gas o elettrici».

CON LA FACOLTA’ DI ENOGASTRONOMIA di Roma Tre, il creatore di Helio – ha condotto una ricerca sull’aspetto nutrizionale dei prodotti della cottura. «Per le vitamine non ci sono differenze rispetto ai fuochi tradizionali, gli antiossidanti come i polifenoli si mantengono meglio con la cottura solare; quanto ai carotenoidi, sembravano penalizzati ma con qualche piccolo accorgimento si annulla la perdita».

CREARE LAVORI SOLARI. LA PROGETTAZIONE, la costruzione, l’esecuzione, la promozione della cucina solare è finora – almeno in Italia – un impegno volontario. Ma in futuro, tutto l’insieme del dispositivo di cottura potrebbe essere prodotto e immesso sul mercato. Per un utilizzo più diffuso.