Una nave della guardia costiera taiwanese e una cinese vicino Kinmen County, Taiwan
Internazionale

L’ira atlantica di Pechino: «Non portate il caos in Asia»

Una nave della guardia costiera taiwanese e una cinese vicino Kinmen County, Taiwan – Ap

La Cina risponde La sola altra vera superpotenza è nel mirino. E non ha intenzione di stare a guardare. Anche Australia, Nuova Zelanda, Giappone e Sud Corea al vertice di Washington: è il fronte del Pacifico

Pubblicato 4 mesi faEdizione del 12 luglio 2024

In comune, hanno ormai solo il fatto che compiono entrambi 75 anni nel 2024. Per il resto, Nato e Repubblica popolare cinese sono sempre più due mondi in rotta di collisione.

Il documento finale del summit di Washington dell’Alleanza atlantica contiene una lunga serie di accuse alla Cina, definita come già nel 2022 e nel 2023 una “sfida sistemica alla sicurezza”.

Ma stavolta c’è maggiore enfasi, con un ampio ventaglio di preoccupazioni espresse sulle capacità spaziali, il rafforzamento dell’arsenale nucleare e “le campagne di disinformazione”.

Di più. La Cina viene accusata di essere un “facilitatore decisivo della guerra della Russia contro l’Ucraina, attraverso il sostegno su vasta scala alla base industriale militare di Mosca”, con la citazione del presunto invio di materiali a doppio utilizzo come equipaggiamenti, componenti e materie prime.

A PECHINO si aspettavano la linea retorica più accesa emersa dal vertice, che viene però interpretata come un segnale di difficoltà. La convinzione cinese è che la Nato a guida statunitense provi a ostacolare i rapporti con l’Europa, in un momento nel quale le elezioni presidenziali americane possono in realtà portare nuove incognite all’interno del blocco occidentale, con qualcuno che pare tentato di avvicinarsi alla posizione cinese sul conflitto.

Tra questi c’è senz’altro Viktor Orban, nei giorni scorsi in visita a Pechino in quella che il premier unghesere ha definito “missione di pace 3.0”.

La reazione ufficiale al documento della Nato ha seguito due direttrici: una retorica e una militare. Con un duplice obiettivo: rimbalzare le accuse contenute nel documento finale del vertice e allo stesso tempo mostrare i muscoli nelle zone a più alta tensione del suo vicinato asiatico.

La Cina non è l’artefice né è coinvolta nella crisi ucraina, la Nato è una reliquia della guerra fredda, le accuse sul sostegno alla Russia sono fabbricate dagli Stati unitiLin Jian, ministro degli Esteri

“La Cina non è l’artefice della crisi ucraina, né vi è coinvolta”, ha dichiarato in conferenza stampa Lin Jian, portavoce del ministero degli esteri che ha etichettato la Nato come “una reliquia della guerra fredda” e ha definito “irragionevoli e sinistre” le accuse sul sostegno alla Russia, “fabbricate dagli Stati uniti” per “minare” la cooperazione tra Cina e Unione europea.

Non è un mistero che Washington sia da tempo in pressing sugli alleati europei per mettere in luce le presunte relazioni pericolose tra Pechino e Mosca. Tanto che nel documento della Nato si avvisa la Cina che “non può consentire la più grande guerra in Europa nella storia recente senza che ciò abbia un impatto negativo sui suoi interessi e sulla sua reputazione”.

DA PECHINO si ribaltano le accuse: “Ovunque si estende la mano nera della Nato si manifestano disordini e caos”, dice ancora Lin. “La Cina esorta la Nato a non creare il caos in Asia-Pacifico dopo averlo già creato in Europa”.

Un modo per ribadire che nella prospettiva cinese la guerra in Ucraina sarebbe stata favorita dalla benzina sul fuoco gettata da Usa e Alleanza atlantica. E allo stesso tempo per raccontarsi preoccupati di possibili instabilità nel Pacifico causato da quello che la Cina definisce “espansionismo” della Nato, che secondo la missione di Pechino all’Unione europea “incita allo scontro”.

Il riferimento è al crescente coordinamento coi paesi asiatici e alla presenza al summit di Washington dei leader di Australia, Nuova Zelanda, Corea del sud e Giappone. Nei giorni scorsi, Tokyo ha peraltro siglato un accordo con le Filippine che consente il libero accesso alle rispettive truppe nelle basi militari.

Non è un caso che, sul fronte operativo, l’esercito cinese stia conducendo ampie manovre nel Pacifico occidentale, proprio nelle acque tra le Filippine e Taiwan. Nel giro di 24 ore, Taipei ha osservato 66 jet e 7 navi da guerra intorno alla sua isola principale, un numero record per il 2024. I mezzi militari starebbero conducendo dei test insieme alla portaerei Shandong anche in risposta alle esercitazioni Rimpac, ospitate dalla flotta statunitense del Pacifico.

NELLA NARRAZIONE cinese, alimentata dal retroscena di qualche settimana fa del Financial Times secondo cui Xi Jinping avrebbe detto a Ursula von der Leyen che gli Usa provano a “spingerlo” a compiere un attacco su Taiwan, sono Washington e Nato a volere o causare conflitti. Ma Pechino vuole comunque dimostrare di essere pronta a combatterli.

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