Al team del progetto indipendente di informazione su temi ambientali One Earth, si devono la produzione, distribuzione e promozione dei documentari Deforestazione Made in Italy (nel 2019) e ONE EARTH – Tutto è connesso (del 2021). A questo lavoro si aggiunge a inizio 2024 l’indagine sull’ultimo ma non meno allarmante dei settori alimentari e del connesso allevamento intensivo: quello che ha ad oggetto il pesce.

UN COMPARTO PRODUTTIVO, l’acquacoltura, che cresce più veloce di ogni altro e che nasconde molte ombre, pur nascendo con l’urgenza di assicurare cibo e fosforo al sempre più popoloso consorzio umano e arginare l’overfishing.

QUESTI CHIAROSCURI ancora una volta sa raccontarli bene Francesco De Augustinis, giornalista freelance coordinatore del progetto ONE EARTH, autore di inchieste per diverse testate e dei tre documentari. Fa piacere che al canto celebrativo del food che si leva da ogni parte tra social e tv facciano da contraltare disamine serie sul problema alimentare come quelle di Indovina chi viene a cena e queste di De Augustinis (prenotabili per proiezioni dal sito www.one-earth.it/); Until the end of the world comincia la sua indagine dalla fine, del mondo, Punta Arenas, in Patagonia, capitale della Regione di Magellano dell’Antartide Cilena, luogo emblematico delle esplorazioni di Darwin e delle scorribande di Chatwin.

IL CILE È DIVENTATO LUOGO simbolico nell’inchiesta dell’acquacoltura in quanto secondo Paese al mondo per la produzione del salmone, pesce che non nasce autoctono nel Sud America. La storia si dipana in un viaggio, a ritroso rispetto a quello di Darwin, sulle origini e il destino dell’involuzione della specie umana che costringe troppo pesce dentro gabbie in porzioni di mare, scaricando in quel mare residui organici che lo soffocano e ne stravolgono l’ecosistema, nutre gli animali in allevamento con mangimi fatti con altro pesce alla base di farine e oli la cui produzione manda in rovina l’economia di piccole comunità di pescatori e altri lavoratori e lavoratrici del mare (le donne senegalesi, ad esempio, che per anni si sono occupate di salare e rivendere il pescato).

L’INCHIESTA DI DE AUGUSTINIS dai confini del mondo tocca anche il Centro Italia, un allevamento sul fiume Nera principale fornitore di trote per la ristorazione e la pesca sportiva italiana; se l’Italia è il Paese con maggior consumo di prodotti da acquacoltura (30 kg annui procapite) la Grecia è tra quelli dai regolamenti più permissivi in materia e dove più si stanno concentrando, in Europa, sfruttamento di risorse locali nell’interesse di un paio di grandi Fondi di investimento. Colpisce, anche cinematograficamente, la storia dell’Isola di Poros minacciata dall’avvio di allevamenti intensivi nello specchio di mare a pochi metri dalle sue coste coperte di pinete che rischiano di perdere, con fauna ittica e acque incontaminate, anche gli introiti del turismo.

UN LUOGO DOVE LE ROVINE del santuario dedicato a Poseidone in un tempo in cui la natura era venerata come sacra, e la poseidonia, la pianta che al nome del dio ed è il polmone verde del Mediterraneo, che va ingiallendosi sembrano rappresentare malinconicamente la sorte verso cui si sta declinando l’orbe terracqueo. Ioannis Dimitriadis, Sindaco di Poros dal 2014 al 2023, ricorda come quello che sta accadendo all’isola replichi dinamiche di sistemi colonialisti, dove lo Stato va contro il valore e il benessere della comunità piegandola agli interessi di privati, segnatamente la multinazionale Avramar controllata dalla statunitense Amerra e dalla Mobadal degli Emirati Arabi.

PARALLELI CON ANTICHE schiavitù e soprusi emergono nei capitoli dedicati ad Africa occidentale e Sud America del documentario che, seguendo la catena di approvvigionamento della farina di pesce (che rappresenta oltre l’80% dei costi dell’allevamento ittico) tocca anche la Spagna e infine l’Antartide. Lì vive il krill, piccolo crostaceo alla base della dieta di pinguini, balene, uccelli acquatici visto da qualche tempo come alternativa ai piccoli pelagici quale ingrediente dei mangimi: la razzia che ne consegue infligge un altro colpo a un ambiente già provatissimo dal climate change.