Siamo un paese in cui due donne kazake (una di sei anni) vengono brutalmente deportate su un aereo privato e consegnate a un dittatore caucasico come merce viva per ricattare un dissidente.

A un’altra, appena viene eletta presidente della camera, si inviano immagini di donne massacrate e le si promette che sarà «usata come orinatoio».

Un’altra ancora, ministra della Repubblica, viene paragonata a un orango dal vicepresidente del senato mentre i compagni di partito diffondono scuse ufficiali ai primati per il paragone ingeneroso.

Un’altra ancora, (38 medaglie e 8 olimpiadi, come nessun’altra prima di lei) viene bollata come «ladra» e «puttana» e si dimette da ministro per un parziale versamento dell’Imu su una palestra a lei intestata ma gestita da altri.

Per colei che l’aveva preceduta alle pari opportunità stesso trattamento, anche se aveva pagato l’Imu. Sarà la poltrona.

Pur senza contare le «cene eleganti» di Arcore, è una sequenza terribile. Che investe donne importanti e diversissime tra loro ma accomunate da un elemento di forza, bellezza e coraggio che le rende quasi in modo naturale un bersaglio della ferocia maschile.

Una violenza misogina e xenofoba che vuole trasformarle da soggetti attivi e autonomi in muto oggetto di decisioni maschili. Colpirle nella loro irriducibile diversità di pelle, lingua, cultura, opinione, corpo.

Se questo è il quadro ai vertici dello stato italiano, non c’è neppure da stupirsi troppo se nelle case del nostro paese viene uccisa una donna ogni tre giorni. Una strage che non troverà ostacoli in questa società finché le istituzioni, per prime, non sradicheranno questo fenomeno alla radice e per sempre.

Di fronte all’atteggiamento generalmente esemplare di queste donne, i maschi dimostrano tutta la loro mediocrità: Calderoli resta ai vertici del senato, Alfano guida ancora il Viminale. Il primo sa quello che dice ma in fondo a chi vuoi che importi cosa dice, il secondo governa ma non sa quello che fa o altri fanno nel suo stesso cerchio di potere e di influenza.

Senza l’espulsione di questi due personaggi dalla vita pubblica non c’è una «tendenza all’imbarbarimento della vita civile» come suggerisce il Quirinale. Non c’è vita civile possibile.