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Libia senza pace, faida tra milizie: a Tripoli 55 morti

Libia senza pace, faida tra milizie: a Tripoli 55 mortiTripoli, forze di sicurezza dispiegate per le strade dopo gli scontri tra milizie – Ap/Yousef Murad

Libia Quartieri prigionieri dell’artiglieria, centinaia di famiglie sfollate. Sullo sfondo, il piccolo boom economico libico e gli interessi rivali. E la pacificazione necessaria alle elezioni resta un miraggio

Pubblicato circa un anno faEdizione del 17 agosto 2023

Da almeno un anno non si assisteva a scontri così cruenti a Tripoli: è di 55 morti e 146 feriti il bilancio dei combattimenti esplosi lunedì notte, e proseguiti martedì, tra la Brigata 444 e Al-Rada, noto anche come Forza di deterrenza speciale. Quei gruppi che, proprio un anno fa, si alleavano per respingere i combattenti al soldo del premier di Tobruk, Fathi Bashagha, giunto per spodestare l’omologo tripolino Abdul Hamid Dbeibeh.

ALLORA SI CONTARONO 32 morti. Ieri, nella periferia sud-orientale di Tripoli, secondo il Centro di Medicina d’Urgenza, i decessi sono stati 55, decine gli ingressi in ospedale mentre le squadre di soccorso evacuavano 234 famiglie. I testimoni hanno raccontato di quartieri preda dei colpi d’artiglieria e così le autorità hanno disposto la chiusura «per ragioni di sicurezza» dell’Università di Tripoli e dell’aeroporto di Mitiga.

Proprio qui è scattata la scintilla degli scontri, dopo che la Forza Rada – corpo indipendente che controlla centro ed est della capitale, hub aeroportuale compreso – ha arrestato il colonnello a capo della Brigata, Mahmoud Hamza, giunto a Mitiga per imbarcarsi su un volo per Misurata, dove lo attendeva un evento pubblico. La Brigata 444, che risponde invece al ministero della Difesa, è responsabile del sud di Tripoli fino a Bani Waled, distante circa 200 chilometri, e con la Forza Rada è la milizia più influente nell’area.

Stando ad Al-Ahrar Tv, la normalità è tornata solo ieri mattina, ma già martedì sera una fonte interna al Governo di Unità nazionale (Gun) confermava che il primo ministro Dbeibeh aveva raggiunto un accordo per il cessate il fuoco con le parti: Rada acconsentiva a consegnare Hamza a una fazione terza neutrale e la Brigata a deporre le armi. Subito dopo Dbeibeh ha visitato Ain Zara, una delle zone maggiormente interessate dalle violenze, per «vedere di persona l’entità dei danni» sul popoloso sobborgo, quindi ha ordinato un’indagine per quantificare «risarcimenti per i residenti».

Ad accompagnarlo, il ministro dell’Interno Imed Trabelsi, che ha disposto il dispiegamento di forze in città per garantire il rispetto del cessate il fuoco. Il vice premier Ramadan Abu Jinnah intanto in un post su Facebook avvertiva che il Gun non «tollera nessuna escalation» e ribadiva lo slogan «No to war».

SEBBENE INFATTI entrambi i gruppi siano vicini al premier, l’esecutivo di Tripoli sa quanto sia fragile la relativa stabilità in cui versa oggi il Paese, quella stessa invocata dalla Missione d’appoggio delle Nazioni unite in Libia (Manul), che durante i combattimenti esortava a una de-escalation anche per svolgere le tanto agognate elezioni generali che dovrebbero ricomporre la Libia spaccata in due: l’ovest del Gnu riconosciuto dall’Onu e l’est in mano al colonnello Khalifa Haftar.

Sullo sfondo, una miriade di gruppi armati, bande criminali e fazioni che si contendono territori e risorse, come effetto della guerra del 2011 che ha portato alla fine del regime di Gheddafi. Dal cessate il fuoco raggiunto nel 2020 tra il Gnu e Haftar, dal Palazzo di vetro si sono sforzati di riportare i libici alle urne, appuntamento atteso dal 2014 e che suggellerebbe la legittimità del processo politico.

Tuttavia, la lenta ripresa dell’economia – e la galassia di mutevoli alleanze che comporta – sarebbe il principale ostacolo alprogetto. L’intesa dell’ottobre 2020 ha favorito il rilancio della produzione e delle esportazioni di petrolio, i cui proventi vengono spartiti tra Tripoli e Bengazi e i loro affiliati armati.

Ciò ha dato così tanto ossigeno all’economia che il Fondo monetario internazionale ha calcolato al 17,3% la crescita del Pil per l’anno in corso. Un’effervescenza che pochi giorni fa ha portato a una decisione storica: per la prima volta, l’imprenditoria libica potrà investire nella National Oil Corporation (Noc) anche per quanto riguarda la produzione. Finora, ai privati la partecipazione era limitata a trivellazioni, trasporto e logistica.

È PRESTO per capire quali interessi muovano le fazioni di Tripoli, ma come osservano vari analisti, la Libia continua a essere in mano a chi può difendere i propri interessi con le armi. E questo lascia poco spazio alla volontà degli elettori.

*Agenzia Dire

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