Europa

L’Europarlamento contro le querele temerarie

L’Europarlamento contro le querele temerarie

Strasburgo La direttiva permette ai giornalisti di chiedere il rapido respingimento della causa, nel qual caso sarà il ricorrente a dover dimostrare la fondatezza della denuncia

Pubblicato più di un anno faEdizione del 12 luglio 2023

Il parlamento europeo ha compiuto ieri un ulteriore importante passo per contrastare le azioni legali frivole o temerarie intraprese contro giornalisti, media, difensori dei diritti umani, attivisti, ricercatori, vignettisti o artisti vari al fine di intimidirli, scoraggiarli o punirli per il loro lavoro di denuncia della corruzione e dell’abuso di potere. Con 498 voti a favore, 33 contrari e 105 astensioni, i deputati riuniti a Strasburgo in seduta plenaria hanno approvato il testo adottato dalla commissione Giustizia della cosiddetta direttiva anti-Slapp (Strategic lawsuit against public participation: azioni legali strategiche contro la partecipazione pubblica) contenente soprattutto nuove norme da applicarsi nei casi transfrontalieri in cui il denunciante, il denunciato e il tribunale sono di Paesi europei diversi, oppure quando l’articolo, il post, la vignetta, la ricerca o qualsiasi altro atto di «partecipazione pubblica» assumono rilevanza «per più di uno Stato membro e sono accessibili elettronicamente».

La direttiva, salutata dalla presidente del Parlamento europeo come un evento «storico » ( «L’Europa è libertà di espressione – ha scritto su twitter la maltese Roberta Metsola – Orgogliosa dell’Eurocamera per il voto storico su una nuova direttiva anti-Slapp. Oggi mandiamo un messaggio forte: siamo dalla parte di chi cerca la verità. I giornalisti non dovrebbero mai essere messi a tacere »), era da tempo attesa e caldeggiata soprattutto dai giornalisti e dagli attivisti di Paesi come Malta, Ungheria, Polonia, Grecia e Romania. Non a caso, la legge è stata dedicata a Daphne Caruana Galizia, la giornalista e blogger maltese assassinata con una bomba piazzata sotto la sua auto nel 2017. Ma ieri, durante un seminario specifico sul tema tenuto dalla relatrice della direttiva in commissione Libertà, la liberale rumena di Renew Ramona Strugariu, anche giornalisti di altri Paesi europei – per esempio Irlanda del Nord – hanno testimoniato la difficoltà di difendersi dalle cause temerarie che a volte durano anni e mettono a dura prova, anche economicamente, testate e cronisti.

La direttiva, che è una sorta di percorso negoziale con i Paesi membri verso l’orizzonte della libertà di stampa, prevede garanzie per le vittime delle Slapp, a cominciare dalla possibilità (osteggiata dalle destre, soprattutto di Romania, Ungheria e Polonia) di chiedere il rapido respingimento della causa, nel qual caso sarà il ricorrente a dover dimostrare la fondatezza della denuncia, mentre chi subisce la causa potrà chiedere un risarcimento anche per danni psicologici o alla reputazione. Le nuove norme delimitano il campo delle cause temerarie per ridurre appunto i tempi del processo e fermare subito quelle intentate per intimidire. In Europa, secondo i dati ufficiali, le cause temerarie sono circa l’11% del totale. Agli Stati membri viene anche chiesto di istituire sportelli unici in cui le vittime di Slapp possano chiedere informazioni e consulenza, e a cui le autorità nazionali dovrebbero fornire anche assistenza finanziaria, legale e psicologica.

Il voto di ieri è l’ultimo atto di un percorso cominciato nel novembre 2021 con una risoluzione del parlamento Ue sulla libertà dei media, cui nell’aprile dell’anno scorso seguì la proposta della commissione Giustizia. Altre norme – per esempio per garantire e rafforzare gli editori indipendenti come «il manifesto» – sono contenute invece nel pacchetto dell’European media freedom act cui pure sta lavorando il parlamento europeo. Dopo il voto di ieri, il relatore tedesco di S&D, Tiemo Wölken, ha ricordato che in alcuni Paesi europei «le cause legali abusive stanno dissuadendo le voci critiche» e i tribunali sono spesso «terreni di gioco per ricchi e potenti», mentre «giornalisti e attivisti sono una pietra miliare delle nostre democrazie e dovrebbero poter lavorare senza subire intimidazioni».

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