Preannunciato e atteso da mesi, lo scorso 16 marzo la Commissione Europea ha presentato il Critical Raw Material Act, una proposta di legge che, come si legge nell’annuncio, punta a «garantire catene di approvvigionamento sicure e sostenibili per il futuro verde e digitale dell’Unione europea». L’obiettivo principale è raggiungere una maggiore autonomia interna nell’approvvigionamento di quelle materie prime la cui domanda, già alta, è destinata a crescere perché fondamentali per la generazione di energia eolica, lo stoccaggio dell’idrogeno e per le batterie. Al momento l’Europa importa circa l’80% delle materie prime critiche di cui ha bisogno e il principale fornitore è la Cina, da cui acquistiamo il 93% del magnesio e l’86% dei metalli rari.

Secondo il nuovo regolamento Ue, entro il 2030 il 10% del consumo annuale di ciascuna materia prima critica dovrebbe essere estratto all’interno del blocco e vi dovrebbe essere raffinato e il 40%. Il 15% dovrebbe provenire dal riciclaggio. La percentuale massima di importazione consentita per ogni materia è del 70%. Numeri a parte, che nel corso dell’iter di approvazione potranno subire delle modifiche, la questione è che il regolamento invita in buona sostanza gli stati membri a riaprire le proprie miniere e a intensificare le estrazioni. Difatti la proposta introduce tempi di autorizzazione più rapidi e procedure più semplici per la presentazione dei permessi di ricerca.

È ABBASTANZA PARADOSSALE che per favorire la transizione verde si debba ricorrere a quella che secondo un recente report del Blacksmith Institute è la seconda industria più inquinante del pianeta. Oltre allo scavo, implica la frantumazione delle rocce. Inoltre, per ottenere il minerale desiderato si utilizza una miscela di reagenti chimici come acido solforico e nitrico. Le acque di trattamento ne escono inquinate da acidi, metalli pesanti, elementi radioattivi e il più delle volte finiscono nell’ambiente.

Nell’Atlante mondiale della Giustizia Ambientale, un sesto dei conflitti ambientali mappati sono legati ad attività di estrazione mineraria. I paesi più promettenti in termini di estrazione sono la Finlandia e la Svezia, dove sono stati scoperti giacimenti consistenti e di terre rare e litio. Le fonti principali di questi elementi si trovano in Spagna, Portogallo, Repubblica Ceca, Austria, Germania, Francia, Romania.

LA NUOVA STAGIONE MINERARIA EUROPEA è ripartita ben prima della proposta di legge, provocando proteste e mobilitazioni che in alcuni casi hanno messo in difficoltà i promotori dell’estrazione. In Portogallo la giunta comunale della località di Villa Real è riuscita a trascinare davanti a un giudice amministrativo il colosso minerario inglese Savannah Resources, titolare della licenza di sfruttamento di uno dei siti più promettenti, Mina do Barroso, per presunta invasione di territorio comunale.. L’attività di estrazione del grande giacimento svedese di terre rare Norra Karr è ferma per l’opposizione di residenti e imprenditori agricoli, che hanno ottenuto nel 2016 il ritiro della concessione da parte della Corte amministrativa suprema della Svezia e la presentazione di una nuova valutazione di impatto ambientale.

Il sito si trova vicino a un’area Natura 2000 e sopra il Vattern, il lago più profondo e il secondo più grande della Svezia, che fornisce acqua dolce a 250 mila persone. La regione spagnola dell’Estremadura è considerata da tempo una «terra di sacrificio» con le sue più di 200 miniere a cielo aperto e nuovi progetti estrattivi sono all’orizzonte, poiché nel sottosuolo è stato trovato anche il litio.

I collettivi anti-miniere sono riusciti a mobilitare una parte consistente della popolazione, in particolare per cercare di fermare l’autorizzazione della miniera di San José Valdeflórez, una miniera di litio a meno di due chilometri dalla città di Cáceres, il cui centro storico è Patrimonio dell’Umanità per l’Unesco. Si trema anche in Tréguennec, zona costiera della Bretagna francese, zona di aree protette e passaggio migratorio e anche di litio.

La volontà di diversificare gli approvvigionamenti della Ue si spinge sino ai suoi confini, tramite accordi di partenariato con i Balcani occidentali, in particolare Serbia e Albania. Quest’ultima si trova anche a un livello avanzato nel processo di adesione all’Ue e l’eventuale ingresso nell’Unione faciliterebbe lo scambio commerciale nel Paese ricco di risorse minerarie.

Occhi puntati sulla miniera di cromo di Bulqiza, in concessione all’oligarca Samir Mane. In Serbia migliaia di persone sono scese in piazza per settimane (fra di loro anche la star del tennis Novak Djokovic) contro le estrazioni di litio nel sito di Jadar da parte della compagnia canadese Rio Tinto, uno dei tre colossi mondiali dell’estrazione. Nell’annunciare la cancellazione di ogni permesso, il primo ministro Brnabic ha accusato la Rio Tinto di fornire informazioni insufficienti alle comunità sul progetto. È proprio questo uno dei punti al centro delle critiche alla proposta di legge Ue da parte di organizzazioni ambientaliste come Friends of the Earth, secondo la quale il documento sorvola sui diritti delle comunità che affrontano l’impatto delle estrazioni.