Come sui migranti, anche sul fronte economico il governo del Cambiamento ha riportato più o meno un pugno di mosche dal Consiglio Ue di Bruxelles. Sulla riforma del fondo Esm salvastati, in particolare, il premier Giuseppe Conte ha affermato di aver «bloccato l’accordo», e di aver dato l’ok finale a una intesa positiva per l’Italia: di fatto, in linea con le previsioni, si è solo fatto qualche passo avanti con il varo del paracadute finanziario (backstop) del Fondo di risoluzione bancario e l’avvio di «una roadmap per cominciare i negoziati politici sul sistema unico di garanzia dei depositi».

SUL RUOLO DELL’ESM gli stati restano divisi, in particolare l’Italia rispetto a Francia e Germania, che chiedevano una sorta di nuovo Fondo monetario europeo con controlli più vincolanti sui bilanci dei singoli paesi: il dibattito andrà avanti nei prossimi vertici dei ministri economici. Ci sono visioni diverse anche sul sistema unico di garanzia dei depositi e sul livello di riduzione dei rischi bancari (le sofferenze).

Rinviati, di fatto, anche i nodi relativi alla Brexit e ai dazi Usa, se non con la riaffermazione generica che viene confermata una decisa risposta Ue a Trump, con annessa missione a Washington del presidente della Commissione, Jean-Claude Juncker. Ma stona particolarmente uno dei paragrafi – relativo alla lotta all’evasione fiscale – contenuto nel documento conclusivo: stona con quanto il governo gialloverde sta tentando di fare in Italia per mezzo del «decreto dignità», praticamente il contrario.

IL PARAGRAFO RECITA così: «Garantire un’imposizione fiscale equa ed efficace continua a costituire una priorità fondamentale. In tale contesto, occorre continuare a lottare con determinazione contro l’elusione, l’evasione e la frode fiscali, sia a livello mondiale (in particolare in seno all’Ocse) sia all’interno dell’Ue. Nel contempo, si riscontra una reale necessità di adeguare i nostri regimi fiscali all’era digitale. Il Consiglio dovrebbe pertanto portare avanti i lavori sulle proposte della Commissione in materia di tassazione del digitale. Si dovrebbe altresì continuare a lavorare alle modalità per garantire l’effettiva riscossione dell’Iva, anche compiendo rapidi progressi sulle proposte della Commissione in merito a misure a breve termine».

Tutti propositi più che condivisibili, e firmati anche dal nostro governo, che però nel contempo con il «decreto dignità» allenterà la morsa sui possibili evasori. In particolare, ieri il ministro dell’Interno Matteo Salvini, parlando al Festival del Lavoro di Milano, ha confermato che appunto con il decreto sono in arrivo «l’abolizione dello split payment e la pace fiscale» (leggi più correttamente: condono). Il primo provvedimento permette ai professionisti che hanno a che fare con la pubblica amministrazione di non pagare subito l’Iva, come invece avviene oggi, proprio per tutelare il gettito da eventuali future evasioni. Il secondo si commenta da solo.

IL MINISTRO DELL’Economia Giovanni Tria starebbe cercando – con difficoltà – le coperture per queste misure: 200 milioni di euro servirebbero per poter vietare la pubblicità dei giochi d’azzardo, mentre dallo split payment per il 2018 si attendevano 1,8 miliardi di gettito. Sulla «pace fiscale» basti dire che la Corte dei Conti qualche giorno fa ha fatto sapere che mancano ancora all’appello 9 dei circa 17 miliardi attesi dalla rottamazione delle cartelle esattoriali: evidentemente in molti aspettano il condono, e se verrà varato sarà dura anche in futuro attendersi il rispetto delle regole da parte di chi può evadere. In buona sostanza, il «decreto dignità» (avversato dalla Lega per la parte che riguarda la stretta sui contratti precari) necessiterebbe almeno di 3 miliardi di coperture.

Quanto alla guerra dei dazi, il documento conclusivo del vertice spiega che c’è «pieno sostegno da parte dei 28 alle contromisure Ue sui dazi Usa» su acciaio e alluminio e a qualsiasi altra mossa protezionista, «incluse quelle contro i prodotti agroalimentari europei» come è avvenuto per le olive spagnole. I 28 hanno dato mandato a Juncker di recarsi a Washington per cercare un accordo con Donald Trump. Il presidente francese Emmanuel Macron ha negato di voler accettare la proposta che gli Stati Uniti gli avrebbero fatto, di lasciare la Ue per accordi commerciali bilaterali.