Alla fine Giorgia Meloni è finita sulla difensiva su molti temi: dai diritti civili all’ambiente, passando per il Pnrr e pure suo recente comizio spagnolo dai postfranchisti di Vox in cui gridava contro l’aborto e la «lobby lgbt»: «Quando sono stanca mi escono questi toni…». Le tocca rimangiarsi anche la proposta di blocco navale contro gli immigrati, che era stata bocciata anche dal suo candidato Carlo Nordio. Sull’eredità pesante del Msi invece neanche una parola: non risponde, se non per dire «non posso essere considerata contemporaneamente fascista e draghiana…».

IL DUELLO TRA LA LEADER Fdi ed Enrico Letta sul sito del Corriere dura 90 minuti. E la vincitrice prevista delle elezioni non ne esce trionfalmente, anzi, l’inseguitore le dà parecchio filo da torcere quando le ricorda le posizioni contro l’ambiente tenute da Fdi in Europa e anche sui diritti delle coppie lgbt: lei ribadisce di essere contro le adozioni «perché a un bambino vanno offerte le condizioni migliori». E Letta: «A un bambino serve essere amato, non è lo Stato che deve normare cosa sia l’amore».

SU NATO, RUSSIA e sanzioni i due avversari la pensano allo stesso modo: tutti e due allineati con gli Usa, anzi in gara per chi lo è di più. Lei non rinuncia a toni bellicosi: «Un’Italia che scappa si esporrebbe al solito cliché di spaghetti e mandolino, la pagheremmo cara». Lui le rinfaccia i rapporti di Salvini e Berlusconi con Putin, il no del leghista alle sanzioni, lei replica con le posizioni anti-armi di Sinistra italiana. Letta rinnega l’alleato: «Con loro c’è un accordo solo per difendere la Costituzione, non vogliamo fare un governo insieme».

Vicini, Letta e Meloni, anche sulla necessità di disaccoppiare il prezzo dell’energia da quello del gas e di evitare altro debito contro il caro bollette. Il leader Pd è più preciso, parla di un tetto europeo e di prezzi amministrati a livello nazionale, lei cita 3-4 miliardi da prendere da extragettito e extraprofitti: «Uno scostamento di bilancio vorrebbe dire dare soldi alla speculazione». Salvini da fuori la rimprovera: «Servono 30 miliardi, lei tentenna e non la capisco».

LETTA FA L’EUROPEISTA a tutto campo, vuole politiche comuni su sanità, welfare e immigrazione, dice no al diritto di veto «che piace a Orban che lo usa contro gli interessi dell’Italia, come ha fatto quando non voleva il Next Generation Eu». Lei prova a togliersi di dosso il marchio della sovranista, ma definisce l’UE «un nano politico e un gigante burocratico», poi disegna la sua idea di sussidiarietà: «Bruxelles deve occuparsi solo di alcune grandi materie e lasciare agli stati nazionali le altre decisioni».

E ancora: «Serve un riequilibrio rispetto all’asse franco tedesco, sì, ho buoni rapporti con Orban, i paesi dell’est hanno un modello diverso dal nostro perchè stati sotto il giogo comunista, ma dico a un’Europa di serie A e una di serie B. E la Germania sta dicendo no al tetto sul gas per i suoi interessi», dice Meloni. Letta cita Draghi: «Noi vogliamo un’Italia che conti in Europa, non che protesti o metta il veto come Polonia e Ungheria. Con Draghi lo abbiamo fatto»-

LA LEADER DI FDI difende il suo slogan «Dio, Patria Famiglia», «era un motto mazziniano, quando sai chi sei puoi dialogare con gli altri, non voglio nascondere la mia identità per rispetto degli altri». Letta incalza: «Ci sono differenze radicali: per noi la società si basa sulla diversità e non sull’omologazione, tanta gente ha paura che se vince la destra torneremo indietro sui diritti».

Lei: «Io negazionista sull’ambiente? Guarda Enrico che l’elettrico vuol dire mettersi nelle mani della Cina, e poi il bus ti ha lasciato a piedi». La battuta (riferita al pulmino elettrico del leader Pd) è uno dei pochi momenti leggeri del duello. Così come quando, sorridendo, escludono all’unisono di voler fare un governo insieme. Ma sul punto, e cioè i voti contrari di Fdi contro i provvedimenti taglia emissioni, alla fine Meloni non ribatte.

MELONI CI TIENE MOLTO a negare l’accusa di aver votato contro il Pnrr e di volerlo riscrivere: «Non è vero che volevamo rivolgerci al Fmi, il Pnrr si può aggiornare per far fronte all’emergenza energetica. Il Portogallo l’ha fatto e Gentiloni ha detto ok. Perché noi non posiamo?». Il piddino non molla: «I soldi vanno spesi senza distinguo, altrimenti facciamo la solita figura degli inaffidabili. Fdi ha votato contro». Lei ammette: «Ci siamo astenuti perchè il testo è arrivato in Parlamento un’ora prima, manco il tempo di leggerlo».

SU LAVORO E SOCIALE Meloni ribadisce i no a salario minimo e reddito di cittadinanza, sul fisco si smarca ancora da Salvini e parla di «flat tax incrementale», «non vogliamo nuovi condoni, Fdi ha un programma fattibile». Tradotto: diverso da Salvini. Sull’immigrazione ripropone l’idea di hot spot in Africa per selezionare «i veri profughi», lui esulta: «Allora hai capito che il blocco navale è impraticabile?». E punta ancora una volta su una «soluzione europea che gli amici di Meloni come Orban non vogliono».

SCINTILLE ANCHE SUL presidenzialismo. Meloni cita il modello francese, «ma non mi impicco ad una formula». Lui difende il sistema parlamentare citando Draghi: «In questo anno ha funzionato anche senza pieni poteri». La replica di Meloni: «Aveva il 95% di maggioranza, il Parlamento non ha toccato palla e nessuno l’aveva eletto. Non mi pare un grande modello». Letta, incalzato sul fatto che il Pd in passato ha guidato bicamerali, ha flirtato col presidenzialismo e modificato la Carta, va in difficoltà. E chiude sul «referendum» del 25 settembre: «Si vota tra opzioni radicalmente diverse, come Brexit. Dicono che sono troppo cortese, ma questo non vuol dire mollezza….».