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L’eterno ritorno dell’opera d’oro «Progetto finale a luglio 2024»

L’eterno ritorno dell’opera d’oro «Progetto finale a luglio 2024»

La bozza che riporta indietro l’orologia di dieci anni. Per ora c’è solo il modellino, piazzato al Mit. Per un selfie di gruppo

Pubblicato più di un anno faEdizione del 17 marzo 2023

Per ora c’è solo il modellino, piazzato al Mit. Matteo Salvini s’è fatto fotografare, assieme ai governatori Roberto Occhiuto e Renato Schifani, davanti al plastico del Ponte sullo Stretto. Il governo Meloni punta ad avere in mano il progetto esecutivo entro un anno. Il CdM ieri ha approvato lo schema di decreto che riporta indietro l’orologio di dieci anni: era il 2013 quando la società stretto di Messina Spa venne messa in liquidazione. Era rimasta in piedi 32 anni, con un fiume di denaro sprecato per pagare ingegneri e manager. Quel sogno più vecchio dell’Italia riparte tra l’entusiasmo del centrodestra e i tanti dubbi degli ambientalisti e di quei tecnici che hanno sempre messo in guardia i governi perché quell’area è ad alto rischio sismico. Come promesso in campagna elettorale, il governo Meloni però tira avanti. Nel via libera, si usa la formula precauzionale «salvo intese» e ancora sono in via di definizione gli aspetti tecnici.

Si riparte dal progetto definitivo approvato 11 anni fa, quello del ponte a campata unica più lungo al mondo: 3,2 chilometri. Andrà ora aggiornato per adattarlo alle ultime normative in materia tecnica, ambientale e di sicurezza. La realizzazione tecnica richiederà 5 anni e si ripartirà dalle autorizzazioni ottenute nel 2012 per i raccordi ferroviari e stradali, ha spiegato il viceministro Edoardo Rixi.

Per Salvini «sarà il più bello, più green e più sicuro del mondo», certificato dai «più grandi ingegneri delle migliori università», e ha parlato di «giornata storica» per tutta Italia. Mentre Silvio Berlusconi, avverte: «Questa volta non ci fermeranno». Il decreto resuscita anche i vecchi contratti di appalto cancellati dal governo Monti, a partire da quello con Eurolink, il consorzio guidato da Salini (oggi Webuild) che vinse la gara internazionale d’appalto. Alleanza Verdi e Sinistra hanno subito organizzato un flash mob di protesta davanti a Montecitorio. «Uno spreco di risorse da 10 miliardi di euro», si leggeva nei cartelli dei manifestanti. Con questo budget si potrebbero acquistare 175 treni intercity e 500 regionali. Per il deputato Angelo Bonelli questo decreto «serve a fare il poltronificio», mentre il Wwf segnala gli «elevatissimi e insostenibili costi ambientali, sociali ed economico-finanziari», e ricorda come l’area dello Stretto sia ricompresa in due «importantissime zone di protezione speciale».

Gongolano invece Occhiuto e Schifani. «Sarà una grande occasione per il Sud, ma occorrerà parallelamente lavorare per sviluppare al meglio le opere complementari indispensabili: ci vuole un moto d’orgoglio come c’è stato per il ponte di Genova», dice il presidente della Regione Calabria. Il governatore siciliano ringrazia la premier Meloni e il ministro Salvini per «un’opera fondamentale» alla quale va associato «il potenziamento complessivo delle reti viarie e autostradali connesse».

La prima idea del ponte risale addirittura al periodo delle guerre puniche, un pensierino ce lo fece anche Carlo Magno mentre nel 1840 il re delle Due Sicilie, Ferdinando II di Borbone, fece realizzare uno studio di fattibilità. Nel 1866 il ministro dei Lavori pubblici, Stefano Jacini, commissionò un altro studio ma non se ne fece niente. Seguiranno altri progetti ed idee, poi nel 1908 ci fu il devastante terremoto a Messina, mettendo in evidenza l’alto rischio sismico dell’area. Nessuno ne parlò più. A resuscitare l’idea fu l’Italia fascista e il progetto affascinò anche la neonata Repubblica. Nel 1969 venne bandito un concorso internazionale di idee: furono presentati 143 progetti. Per gli studi preliminari verranno stanziati 3,2 miliardi di lire, che rappresentano anche i primi costi dello Stato e degli italiani per finanziare un’opera finora apparsa solo nelle carte di architetti e tecnici.

Tra i progetti vincitori c’era anche quello di un tunnel a mezz’acqua ancorato al fondo mediante cavi in acciaio, un ponte strallato a tre campate, uno sospeso a campata unica, e anche alcune versioni a tre o più campate. Quattro anni dopo la costituzione della società Stretto di Messina, il premier Bettino Craxi, annunciò: «Faremo il ponte». Con lo scoppio di Tangentopoli, nel ’92, l’opera viene messa in soffitta. Ci pensò Berlusconi a riparlarne: era il 2005 un’offerta di 3,88 miliardi di euro, Impregilo vince la gara. Ma quando sembra tutto pronto per avviare i lavori, Berlusconi perde le elezioni e con l’arrivo del secondo governo Prodi tutto si blocca.

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