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Legno birmano, le aziende italiane complici dei militari

Legno birmano, le aziende italiane complici dei militariAlberi abbattuti a Chaung Gwet, ex foresta decimata dal disboscamento – Ap

Myanmar Un report dell'Environmental investigation agency rivela che solo nei primi tre mesi successivi al golpe le importazioni di teak hanno raggiunto il valore di 1,5 milioni di euro

Pubblicato circa 3 anni faEdizione del 8 settembre 2021

«Le aziende italiane, continuando a importare legno dal Myanmar, sfidano la legge sostenendo direttamente la giunta militare al potere e la sua brutale repressione del popolo birmano», denuncia Faith Doherty, responsabile del settore Foreste dell’Environmental investigation agency (Eia). In un rapporto costato 18 mesi di lavoro sotto copertura, come ha già dato conto il manifesto giovedì scorso, gli attivisti dell’ong britannica hanno «individuato 27 aziende che importano nell’Unione europea prodotti in teak (tectona grandis) dal Myanmar».

NEL 2020, quindi prima del colpo di Stato, «l’Italia ha effettuato nell’Ue il 66% delle importazioni di legno birmano (…) per quasi 24 milioni di euro». Impiegato nella nautica e nell’edilizia di lusso, per l’Arma dei carabinieri il teak vale fino a 20mila euro la tonnellata. Per l’eccessivo disboscamento, quasi tutti gli stock naturali sono ormai scomparsi. Su 19 milioni di ettari di foreste naturali di teak presenti nel mondo, oltre 16 milioni sono nell’ex Birmania (dati dell’ultimo report sulle foreste della Extractive Industries Transparency Initiative in Myanmar. Per il Paese è una catastrofe ecologica: «4 milioni di ettari di foreste distrutte in vent’anni, pari a 5,6 milioni di campi da calcio o all’intera Svizzera», denuncia l’Eia. Ecco perché, fin dal 2013, il regolamento europeo Eutr impone agli importatori di confermare la tracciabilità e legalità del legno lungo tutta la filiera.

LE IMPRESE straniere hanno solo tre strade per ottenere quel teak: acquistarlo alle aste della Myanmar Timber Enterprise (l’azienda di Stato monopolista), affidarsi a terzisti (anche nei Paesi limitrofi), ricorrere al legno tagliato illegalmente nel Paese. L’ultima opzione è ovviamente fuorilegge già in partenza, ma ora anche la prima: «Dal brutale e illegittimo colpo di stato di febbraio, la Mte è finita sotto il controllo diretto dell’esercito», conferma la portavoce dell’organizzazione per i diritti umani Justice for Myanmar, Yadanar Maung. E infatti, nel giugno 2021, nuove sanzioni mirate dell’Unione europea contro il nuovo regime hanno colpito anche la Myanmar Timber Enterprise, il nuovo ministro dell’Ambiente Khin Maung Yi e la Forest Products Joint Venture Corporation (Fpjvc). Secondo Doherty, responsabile Foreste dell’Eia, «non c’è più modo di ottenere legalmente legno del Myanmar da importare nell’Ue».

EPPURE, soltanto a marzo, aprile e maggio 2021 (i primi 3 mesi successivi al golpe militare), i dati dell’ong mostrano importazioni in Italia dal Myanmar fino a 1,5 milioni di euro. «Solo in un’asta del maggio 2021, undici aziende hanno acquistato legname dalla Mte», si legge ancora nel loro rapporto. Tre di queste (le birmane Thein Than Htun Manufacturing Company, United Wood Industries e Win Enterprise), per le dogane italiane sono terzisti «esportatori di teak dal Myanmar all’Italia». Pur avendo «partecipazioni dirette o indirette da parte dei militari», precisa l’Eia. Ad acquistare quel legno via Croazia, secondo l’Eia, ditte come la friulana «Hf Italia» (rivestimenti per le principali compagnie crocieristiche e per i cantieri navali degli yacht di lusso). Ci sono poi le spedizioni della Comilegno (Driolassa, UD), «effettuate tramite la Myanmar Rice Trading (Mrt) e la Ipl Pte Ltd» (sede a Singapore), «parte del conglomerato di aziende Ige Group (…) gestito dal ricco cittadino birmano Ne Aung (noto anche come Nay Aung)», dai «numerosi legami con i militari» secondo l’Alto commissariato per i diritti umani dell’Onu (Ohchr). Nel settembre 2017, il suo Ige Group «ha donato oltre 35mila dollari all’esercito del Myanmar (…) al momento della cosiddetta “operazione di sgombero” dei militari contro i Rohingya», etichettata dalla comunità internazionale come pulizia etnica e genocidio.

PER L’EIA, «L’INCAPACITÀ delle autorità italiane di far rispettare la legge è evidente». La Cf Wood (Massarosa, LU) è ad esempio stata «multata 2 volte per le importazioni di legno dal Myanmar: 5.675 euro di ammenda la prima, la seconda per 3.000 euro», ma a fronte di merce del «valore dichiarato compreso tra 40.000 e 80.000 dollari a spedizione». Che è come dire “aver offerto un caffè allo Stato italiano”, viste le importazioni di teak birmano di questa società pari a «680.931 euro in solo biennio». L’azienda stessa ha ammesso all’ong: «Abbiamo ricevuto diverse visite da parte dei carabinieri (…) a volte ci multano».

C’È POI LA GTH ITALIA (Pieve di Soligo, TV), «terzo importatore di teak dal Myanmar nel periodo gennaio 2018 – ottobre 2020», la quale ha dichiarato: «Non abbiamo problemi con le forniture». Del resto, per l’Eia, «ha continuato a importare teak in Italia anche dopo il colpo di Stato (…) almeno 3 spedizioni», tramite società (di stanza a Singapore e in India) secondo l’ong vicine ai militari. Tra le aziende italiane interpellate dall’Eia «nessuna ha confermato che smetterà di importare teak dopo il colpo di stato in Myanmar e le sanzioni imposte». Una scelta «ripugnante» per Yadanar Maung, portavoce di Justice for Myanmar: «Qualsiasi legno acquistato dal Myanmar aiuta i militari a comprare i proiettili usati nei loro omicidi di massa».

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