Legge di bilancio: quattro modi per colpire le persone straniere
Il caso La denuncia degli avvocati dell'Asgi: colpite le donne più povere anche sul "bonus nuove nascite". Bisogna rivedere le discriminazioni sulla cittadinanza e sulle detrazioni fiscali per i figli
Il caso La denuncia degli avvocati dell'Asgi: colpite le donne più povere anche sul "bonus nuove nascite". Bisogna rivedere le discriminazioni sulla cittadinanza e sulle detrazioni fiscali per i figli
Gli avvocati dell’Asgi, sempre attenti ai diritti fondamentali, hanno letto la legge di bilancio presentata dal governo Meloni e hanno individuato quattro discriminazioni che colpiranno i più vulnerabili: le persone straniere che non hanno la cittadinanza. La richiesta al parlamento è modificare le norme.
Con l’articolo 106 della manovra il governo intende aumentare il contributo per le controversie in materia di cittadinanza. Quelle in particolare che riguardano il riconoscimento della cittadinanza «iure sanguinis» (cioè i discendenti degli emigrati italiani) e in casi meno frequenti della cittadinanza «iure soli» degli ultradiciottenni. Ad oggi si paga già un contributo unificato di 518 euro. Se passasse questa norma si pagherà 600 euro a testa. Per famiglie di 4 o 5 membri si tratta di cifre elevate che renderà insostenibile la tutela del diritto. «Se il governo intende ridurre le possibilità di acquisizione della cittadinanza iure sanguinis (e come sappiamo le urgenze sarebbero ben altre e di segno opposto) lo deve fare apertamente, modificando la legge, non certo scoraggiando l’accesso alla giustizia delle persone più povere» ha osservato l’Asgi. Non sfuggirà inoltre il significato politico e simbolico di una simile norma, in un momento in cui si è tornati a parlare di riconoscimento della cittadinanza a chi è nato e risiede da anni lavorando in Italia.
All’articolo 2, comma 10, del disegno di legge che colpirà gli extracomunitari residenti e li escluderà da una specifica misura di Welfare: le detrazioni fiscali per i figli a carico residenti all’estero. La misura sarà riconosciuta solo a chi ha ii figli a carico residenti in Italia. Se adottata l’Italia di Meloni violerebbe il diritto dell’Unione Europea, Si aprirebbe un contenzioso simile a quello già avvenuto sugli assegni al nucleo familiare e si violerebbero le decisioni della Corte di Giustizia europea e della Corte costituzionale italiana.
L’articolo 31 escluderà le donne straniere alle quali è stata riconosciuta la protezione internazionale dal «bonus nuove nascite», un contributo una tantum di mille euro per ogni nuovo figlio nato o adottato dal 1° gennaio 2025. Dunque, per il governo, le donne alle quali ha riconosciuto in questi anni di essere rifugiate politico o titolari dello status di protezione sussidiaria non avrebbero lo stesso diritto a ricevere il «bonus» che sarà erogato a chi ha la cittadinanza. La richiesta dell’Asgi è inserire il permesso di soggiorno per protezione internazionale nella lista di titoli idonei per la fruizione della prestazione.
La quarta misura pensata dal governo esclude dalla riduzione della quota contributiva a carico della lavoratrici quelle che sono in possesso di con contratto a termine e hanno un rapporto di lavoro domestico, insomma chi assiste gli anziani. La misura con la quale è stata ridotta la quota contributiva a carico delle lavoratrici madri con almeno due figli è stata introdotta dal governo nella scorsa legge di bilancio. Anche l’anno scorso, precisa l’Asgi, è stata operata la stessa discriminazione. E infatti ila settimana scorsa, il 23 ottobre, il Tribunale di Milano ha sollevato questione di costituzionalità. Ha ritenuto cioè che l’esclusione può rappresentare un torto nei confronti degli stranieri che hanno una presenza statisticamente più significativa tra le categorie colpite dalla norma che si vuole reiterare anche nel 2025. Per gli avvocati dell’Asgi, oltre all’incostituzionalità della norma c’è anche un aggravante: quella dell«irragionevolezza».
Le lavoratrici a termine e le «badanti» sono normalmente le persone che hanno le retribuzioni più basse di tutti. E, spesso, non possono nemmeno contare sul riconoscimento pieno dei diritti sociali. «L’esclusione è ingiustificata, sarebbe doveroso eliminarla».
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