Politica

Legge anti Lgbtiq+, le opposizioni: «Meloni ci vuole orbanizzare»

Una manifestazione per i diritti lgbtq a Budapest foto ApUngheria, manifestazione Lgbtqi+ – Ap

Lo scontro Silenzio dal governo dopo la decisione di non appoggiare il ricorso Ue contro l’Ungheria. Le minoranze: «Scelta grave e oscurantista». La Commissione europea: «La norma viola i diritti fondamentali e i valori dell’Unione»

Pubblicato più di un anno faEdizione del 9 aprile 2023

«Rimaniamo fermi nell’impegno a proteggere i nostri figli, nonostante le pressioni della stampa liberale e del corrotto Parlamento europeo. Il ragionamento ungherese è pienamente in linea con la Carta dei Diritti fondamentali dell’Ue»: è il commento della ministra della Giustizia magiara, Judit Varga, sul ricorso alla Corte di Giustizia europea da parte della Commissione di Bruxelles, supportata dal Parlamento Ue e da 15 Stati membri, contro la legge ungherese che discrimina le persone Lgbtiq+ nelle scuole.

«L’ISTRUZIONE è di competenza nazionale ai sensi del Trattato sul funzionamento dell’Ue – ha attaccato la ministra -. Molti governi hanno ceduto alla propaganda di genere da Bruxelles e dall’estero. Sosteniamo la volontà unanime di 3,7 milioni di ungheresi. Non rinunceremo alla nostra legge sulla protezione dei minori». Per poi addirittura rilanciare: «Presenteremo nuove misure al Parlamento in autunno rendendo l’Ungheria il paese con la legislazione sulla protezione dei minori più severa in Europa. La sicurezza dei bambini è la nostra massima priorità».

LA NORMA, approvata nel 2021, vieta la «promozione dell’omosessualità» ai minori, sui media, nelle scuole e viene ritenuta responsabile anche dell’aumento in Ungheria dei reati d’odio contro la comunità Lgbtiq+. La Commissione europea ha fatto causa al presidente Viktor Orbán. Con l’esecutivo Ue si sono schierati, oltre all’Eurocamera, 15 paesi Ue ma non l’Italia che, invece, ha preferito posizionarsi con Orbán insieme a Polonia, Romania, Bulgaria, Cipro, Croazia, Estonia, Lettonia, Lituania, Repubblica Ceca e Slovacchia. La presidente della Commissione von der Leyen aveva definito la norma targata Orbán «una vergogna». Ieri la portavoce dell’Esecutivo europeo ha spiegato: «Per noi è chiaro: la legge ungherese non solo viola il diritto dell’Ue ma anche i diritti fondamentali e i valori dell’Unione. Abbiamo deferito l’Ungheria alla Corte di giustizia e ora spetta alla Corte pronunciarsi sul caso».

ENTUSIASTI della posizione del governo Meloni gli aderenti al movimento Pro Vita: «La legge ungherese è un faro di civiltà che dovrebbe essere ricopiato». Dal lato opposto, il commento di +Europa: «Un altro passo del nostro governo verso l’omofobia di Stato». Il tema ha compattato le opposizioni (Pd, 5S, Azione – Iv, Avs, +Eu), 25 parlamentari della minoranza hanno dato vita all’Intergruppo per la tutela e la promozione dei diritti delle persone Lgbtiq+: «L’Italia è l’unico paese fondatore dell’Unione a non schierarsi dalla parte dei diritti – l’accusa – allontanandosi così dalle tradizionali alleanze e scegliendo un’incomprensibile vicinanza al blocco di retroguardia. La strada ultra oscurantista imboccata dal governo Meloni non può che suscitare preoccupazione».

DAL PD, il capo delegazione in Ue Brando Benifei: «Negli anni passati il nostro Paese si è sempre posizionato in Europa dalla parte dell’avanzamento dei diritti, non ci lasceremo orbanizzare senza reagire». La senatrice dem Valeria Valente: «Su omosessualità, aborto, diritti civili, l’Italia non merita di sedere con l’Ungheria».

IL M5S con la senatrice Alessandra Maiorino: «Il fango che sta riversando questo governo sul Paese fa rabbia e tristezza». Da +Eu Riccardo Magi: «Nessuna voce si è sentita da governo e maggioranza per chiarire la posizione del nostro Paese. Un silenzio assordante, non solo sulla protezione delle persone Lgbtiq+, ma più in generale sulla collocazione dell’Italia in Europa e nel mondo. Chiedo a Meloni: stiamo con Parigi, Madrid e Berlino, o stiamo con Visegrad?». E Della Vedova: «Meloni sta aprendo lo scontro con l’Ue. Lo fa sui diritti, schierandosi a difesa dell’amico Orbán, indifendibile nelle sue crociate reazionarie che servono da schermo al suo progetto di democrazia illiberale».

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