Il terzo mandato per sindaci e governatori spacca la maggioranza ma deflagra anche più rumorosamente nel Pd. La strada ideata da FdI per aggirare il nodo politico grazie a un espediente procedurale, la non ammissibilità dell’emendamento della Lega in materia, sembra sbarrata. Il capogruppo tricolore alla Camera Foti se lo era già venduto come cosa quasi fatta: «L’emendamento è a un decreto, dunque dovrebbe riferirsi al requisito di necessità e urgenza per i quali il decreto viene adottato. Ritengo che non sia possibile riconoscere quei requisiti». Pietra tombale. Solo che il dl Elezioni è in discussione al Senato, non a Montecitorio, e il presidente della commissione Affari costituzionali Balboni, anche lui Fratello d’Italia, gela il collega: «Salvo approfondimenti e a una prima lettura l’emendamento non è inammissibile». L’art. 1 del dl, infatti, va riferimento alle elezioni regionali e la proposta di alzare da due a tre il tetto dei mandati è dunque pertinente. Come sanno tutti il nodo è politico, non tecnico, e dunque spetta alla politica scioglierlo. La politica, in questo caso, dovrebbe essere il vertice informale dei tre leader di maggioranza che dovrebbe svolgersi in occasione del prossimo cdm.

Si scrive «terzo mandato», si legge «Veneto» e anche questo nessuno prova più a nasconderlo. «Non ho capito perché FdI non è d’accordo? Perché De Carlo vuole fare il presidente del Veneto?». Eh sì, è proprio così e s’incarica di chiarirlo lo stesso De Carlo, coordinatore FdI nella regione e candidato ove grazie al tetto il potentissimo Zaia fosse fuori gioco: «Il Veneto spetta a noi non solo perché non governiamo alcuna regione del nord ma anche perché alle ultime elezioni qui FdI ha preso il 32,5%». Su quella regione, peraltro, un pensierino e anche qualcosa in più lo fa anche Fi. Ieri Tajani si è schierato apertamente contro il terzo mandato: «Siamo contrari in nome della democrazia e dell’alternanza». I maliziosi aggiungono anche in nome del sogno, in realtà un miraggio, di mettere in campo Flavio Tosi.

Ma per la Lega il Veneto non è una Regione qualsiasi, l’assedio a quel bastione è un arrembaggio contro il ruolo del Carroccio nell’intero nord, dunque Salvini è deciso a dare battaglia davvero, un po’ nella speranza di salvare il bastione, un po’ per alzare al massimo il prezzo quando l’anno prossimo si dovranno decidere candidati per le regioni e soprattutto per comuni.

Ma al fragore della destra divisa fa eco la spaccatura plateale nel Pd. La segretaria è contrarissima a un emendamento che la costringerebbe a ingoiare di nuovo De Luca in Campania e, appena meno indigesto, Emiliano in Puglia. Il capogruppo al Senato Boccia dà voce ai suoi umori: «Siamo assolutamente contrari. Il terzo mandato crea satrapi». Apriti cielo! Stavolta il Pd non ce la fa a nascondere la divisione. Il sindaco di Pesaro e coordinatore dei sindaci Pd Ricci rintuzza a stretto giro: «La linea del Pd non può essere quella di Boccia». Il governatore della Toscana Giani si accoda: «Con quell’emendamento il dl sarebbe migliorato». Serracchiani fa coro: «Non ci vedo nulla di male». Boccia ingrana la retromarcia: «Di correttivi al dl c’è bisogno. Il Pd è aperto alla discussione». Ricci si dichiara soddisfatto. Ma Schlein non ha alcuna intenzione di ripensarci e neppure Meloni.

La convergenza di interessi tra le due leader acquista un significato meno effimero dopo l’accordo su Gaza, dettato sempre dall’interesse comune. Meloni cercava una strada per cambiare marcia senza darlo troppo a vedere per uniformarsi alla linea dell’amico Joe Biden. Schlein aveva bisogno di riprendere le redini del partito e dell’opposizione con una mossa politica e non solo propagandistica. Ma ora per entrambe è comunque utile, forse necessario, mantenere aperto quel canale di dialogo, per quanto limitato. Schlein deve passare dalla propaganda spiccia alla politica. Per Meloni, come per ogni governo, un margine di comunicazione con l’opposizione è fondamentale. Senza contare l’opportunità di mettere con le spalle al muro i rivali interni, Salvini e Conte. Il muro comune contro il terzo mandato potrebbe rivelarsi un’ulteriore allargamento del sentiero aperto martedì scorso al telefono.