«Le scelte di questo governo le pagheremo noi giovani»
Israele/proteste Intervista ad Adam Elroy, leader di «Youth now»: «In gioco c'è qualcosa di molto più importante dei motivi che innescarono le manifestazioni per il caro vita»
Israele/proteste Intervista ad Adam Elroy, leader di «Youth now»: «In gioco c'è qualcosa di molto più importante dei motivi che innescarono le manifestazioni per il caro vita»
Adam Elroy tra qualche giorno entrerà nella scuola Ironi Dalet di Tel Aviv e completerà il bagrut, gli esami di maturità in Israele. È un ragazzo, ha solo 17 anni. Parla però come un quarantenne, la sua conoscenza della politica e della società è impressionante. Non sorprende che alla guida del gruppo di attivisti che ha fondato, Youth Now, sia emerso come uno dei leader della protesta contro la riforma giudiziaria avviata dal governo Netanyahu. L’abbiamo incontrato a Tel Aviv, in piazza Habima simbolo dell’opposizione al progetto governativo.
Quando sei sceso in campo assieme ai tuoi compagni?
Il 29 gennaio qui in piazza Habima eravamo già tremila studenti e la mobilitazione è stata spontanea. Non posso parlare a nome di tutti i ragazzi che vanno a scuola ma, nel mio caso, quando ho cominciato a sollecitare i miei amici e compagni di classe a prestare attenzione alle intenzioni del governo, tanti si sono detti pronti a fare la loro parte. Abbiamo compreso che in gioco c’è qualcosa di ben più importante dei motivi che avevano innescato, negli anni passati, altre proteste come quelle contro l’elevato costo della vita e degli affitti. Questa è una lotta per la difesa della democrazia nella sua essenza, per la separazione dei poteri, per proteggere i giudici e la Corte suprema. Siamo consapevoli che, dovesse passare la riforma voluta dal governo, a pagarne le conseguenze saranno i giovani negli anni a venire.
Quali sono i punti della riforma che vi preoccupano di più?
Sono tanti. Netanyahu e i suoi ministri vogliono indebolire i giudici e il potere giudiziario per dare al governo un potere assoluto. Già controllano la Knesset (il Parlamento). Siamo molto giovani e inesperti ma con il passare dei mesi abbiamo compreso che non basta difendere i giudici. Dobbiamo impegnarci per rafforzare il loro ruolo.
Questa crisi è la conseguenza di una frattura netta tra laici e religiosi?
Se ne parla tanto. Questo è un paese che è stato fondato da persone arrivate da luoghi, società e culture diverse. Un fatto incontestabile. Non si doveva arrivare al punto in cui siamo ora. I politici o alcuni di essi allargano questa frattura per i loro interessi personali o di partito. Pensiamo comunque che sia risolvibile con il dialogo tra le parti e il rispetto dei diritti di tutti. Allo stesso tempo vediamo i religiosi tirare la corda sempre di più, malgrado esistano già divieti come lo stop ai trasporti pubblici durante lo shabbat (il giorno di riposo ebraico, ndr) e di altre attività che impattano e non poco sulla vita dei laici. Io, tanto per fare un esempio, durante lo shabbat per poter visitare gli amici che vivono dall’altra parte della città, sono costretto a spendere decine di dollari per un taxi. Sono convinto che anche una buona porzione degli elettori di destra non siano d’accordo con questi divieti. In un paese come questo, con una complessità sociale tanto marcata, è doveroso lasciare all’individuo la possibilità di fare le sue scelte. Non vuoi guidare l’auto durante lo shabbat per le tue convinzioni religiose? Ok, non farlo ma non impedire a un’altra persona, con una visione diversa dalla tua, di mettersi al volante. Non vuoi mangiare la carne di maiale e vuoi rispettare la dieta ebraica? Non ci sono problemi, segui i tuoi principi ma non limitare le mie scelte.
Alcuni però sottolineano che Israele è stato fondato anche su valori e principi della tradizione religiosa ebraica e, pertanto, la popolazione deve rispettarli.
Anche io rappresento valori ebraici anche se non rispetto le regole che queste persone ritengono fondamentali nella loro esistenza. Il rispetto della libertà individuale è fondamentale e nessuno può decidere cosa sia più o meno ebraico.
Israele può essere una vera democrazia mentre occupa da quasi 60 anni i Territori palestinesi? Impossibile, ripete la sinistra più radicale che lancia accuse di apartheid. Inoltre, gli arabo israeliani si tengono a distanza dalle manifestazioni, dicono che è in corso uno scontro tra ebrei in uno Stato che afferma di appartenere agli ebrei e non a tutti i suoi cittadini.
Penso che il problema dell’occupazione sia fondamentale e dovrà essere risolto al più presto. Allo stesso tempo penso che, se questa riforma giudiziaria passerà e non ci sarà più la democrazia, l’occupazione non cesserà mai.
Israele ha avuto governi democratici e di centrosinistra. Eppure l’occupazione è sempre là.
Vero, però come dicevo prima senza democrazia non ci sarebbe alcun possibilità di un accordo (con i palestinesi) e di una fine dell’occupazione. Inoltre, aggiungere in questo momento un altro motivo di scontro alla crisi in atto nel paese rischierebbe solo di indebolire lo schieramento antiriforma e di condannarlo alla sconfitta.
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