«11/11»: questi due numeri, che indicano la giornata di ieri 11 novembre, indicavano anche la chiamata, girata sui social, a scendere nelle piazze egiziane per manifestare contro il governo di Al-Sisi. La data coincide con l’arrivo del presidente Usa Joe Biden alla Cop27 di Sharm el-Sheikh. Nella giornata di ieri però non si sono viste grandi manifestazioni antigovernative. Un corteo dei giovani del movimento Fridays for Future ha sfilato nei pressi delle strutture che ospitano le conferenze della Cop27, durante il discorso di Biden. Gli stessi manifestanti hanno alzato degli striscioni di protesta, per poi essere accompagnati fuori dalle guardie di sicurezza.

GLI ARRESTI preventivi, la militarizzazione delle piazze e la chiusura obbligata di negozi e iniziative culturali hanno raggiunto l’obbiettivo del presidente Al-Sisi: evitare ogni possibile interferenza nei giorni in cui gli occhi del mondo sono puntati sull’Egitto. Giovedì notte, però, su alcuni profili twitter di cittadini egiziani sono comparse immagini di proteste nelle città di Suez, Alessandria e il Cairo. Nei video si vedono diverse persone sfilare per le strade e molti mezzi delle forze dell’ordine egiziane impegnate a disperdere la folla.

Non ci sono dati rispetto alle manifestazioni di giovedì ma alcuni testimoni dicono di aver visto la polizia caricare i manifestanti e disperderli con i gas lacrimogeni. Arrivato ieri nel primo pomeriggio a Sharm el-Sheikh il presidente Biden ha avuto un incontro bilaterale con l’omologo egiziano Al-Sisi prima di fare il suo discorso alla Cop27. L’incontro tra i due capi di stato, il primo dall’inizio della presidenza Biden, ha avuto come risultato la conferma delle solide relazioni tra Egitto e Stati uniti, con elogi da una parte e dall’altra. Il presidente Usa ha ringraziato l’Egitto per il suo ruolo di mediatore negli sviluppi del conflitto israelo-palestinese e anche per la presa di posizione del paese nord africano contro l’invasione russa dell’Ucraina.

IL TEMA PIÙ ATTESO però era quello del rispetto dei diritti umani in Egitto. In merito Al-Sisi ha rassicurato la sua controparte statunitense, affermando che «in Egitto abbiamo lanciato una strategia per i diritti umani e abbiamo un comitato presidenziale per la grazia, che esamina le liste di persone che la meritano» e si è detto «desideroso di migliorare». Una dichiarazione che sembra più che altro utile a dare un’immagine ripulita ai media internazionali e utile a sbloccare i finanziamenti militari americani fermati per il basso rispetto dei diritti umani nel paese. Sono bastati i circa 800 detenuti rilasciati, come riporta l’Ong Epir, per convincere il dipartimento di Stato americano che a settembre ha sbloccato 75 dei 130 milioni di aiuti militari promessi.

IL PRESIDENTE BIDEN, nei giorni scorsi, aveva fatto sapere di voler unirsi agli altri capi di stato per chiedere il rilascio dell’attivista Alaa Abdel Fattah. L’attivista anglo-egiziano è detenuto con l’accusa di istigazione alla violenza e da aprile è in sciopero della fame che ha deciso di inasprire domenica smettendo anche di bere. I famigliari di Fattah e il suo legale non sono ancora riusciti a vedere l’attivista dopo che mercoledì è stato prelevato dalla sua cella per un «trattamento sanitario» che la famiglia pensa consista nel nutrirlo forzatamente. La madre ha chiesto al presidente americano di spingere per il suo rilascio, ma a Biden sono bastate le rincuoranti parole di Al-Sisi per dimenticare Alaa e i 60.000 mila prigionieri politici trattenuti nelle carceri egiziane.