Il recupero di un palestinese ucciso in un bombardamento a Khan Younis foto Ap/Jehad Alshrafi
Il recupero di un palestinese ucciso in un bombardamento a Khan Younis – foto Ap/Jehad Alshrafi
Editoriale

Le parole nella giungla del nuovo ordine

Intorno a una data La guerra regola il mondo, «ridefinisce poteri» e la decisione di Netanyahu di chiamare «nuovo ordine» l’operazione lanciata sul Libano non fa che sottolineare la continuità ideologica con il «grande […]

Pubblicato circa 2 ore faEdizione del 5 ottobre 2024

La guerra regola il mondo, «ridefinisce poteri» e la decisione di Netanyahu di chiamare «nuovo ordine» l’operazione lanciata sul Libano non fa che sottolineare la continuità ideologica con il «grande piano» dei neo-con americani conosciuto all’alba di questo millennio. Quella che è passata alla storia come la «dottrina Bush» (figlio), un quarto di secolo dopo non è solo un cumulo di macerie dall’Afghanistan alla Libia ma è soprattutto lo stato di guerra permanente che distribuisce poteri e profitti e annichilisce speranze di riscatto. Il nuovo ordine è la stessa vecchia guerra.

Così limitarsi alla condanna degli atti di terrorismo – atroce e barbaro fu l’11 settembre, atroce e barbaro è stato il 7 ottobre di Hamas – per quanto doveroso e utile a distinguere gli interlocutori ragionevoli dai folli, serve a poco. Allora come oggi la pretesa di considerare l’aggressione del terrorismo islamico sul suolo amico astratta dalle cause storiche (nonché l’invito a tenersi lontani da qualsiasi dubbio sulle responsabilità, gli errori e le coperture) è la via per giustificare la reazione senza limiti. La tremenda vendetta. Perché contro il male assoluto e immotivato non si può che tifare per il bene, senza stare troppo a giudicare chi lo incarna.

Ridisegnando il mondo, la guerra ci catechizza con nuove parole. Alcune diventano impronunciabili – genocidio – altre vanno bene se attenuate: invasione sì, ma «limitata». L’articolo più importante del più importante quotidiano italiano l’altro giorno parlava così di Gaza, 42mila morti, 10mila dispersi e 100mila feriti dopo: «Israele svolge un’estesa operazione di polizia in un territorio non proprio». I deliri di chi vede nel sangue del 7 ottobre l’alba di una rivoluzione servono a vietare le manifestazioni, i deliri di chi racconta la più grande strage continua di civili, in un territorio che di stragi ne ha viste tante, come un’operazione «di polizia» sono invece la legittima narrazione del nuovo ordine di guerra.

Quella che si perde è l’idea (o la memoria) che il mondo in guerra possa aggrapparsi a qualche appiglio di legalità. Screditato, calpestato, il diritto internazionale restava comunque uno strumento da poter agire, certo con la forza dei deboli. Ma ora che Netanyahu ha portato il suo attacco direttamente dentro il palazzo dell’Onu, potendolo fare perché l’Occidente gli ha spianato la strada e armato il braccio, non è più niente. Il nuovo ordine è solo quello della giungla. Ma non solo per il Medio oriente.

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