Le opposizioni unite in piazza: «No alla violenza della destra»
Riforme Pd, M5S, Avs e +Europa manifestano con sindacati e associazioni: «Fermeremo Meloni»
Riforme Pd, M5S, Avs e +Europa manifestano con sindacati e associazioni: «Fermeremo Meloni»
Secondo la grammatica delle manifestazioni romane, Santi Apostoli è la piazza piccola ma centrale: serve a marcare una presenza a ridosso dei palazzi che contano ma non indica una partecipazione oceanica. È qui che oggi, proprio mentre al Senato si voterà il premierato, le opposizioni hanno convocato la manifestazione per dire no al ddl Casellati e a quello di Calderoli, in discussione alla Camera. «Il governo sta forzando la mano e prova a minare le basi democratiche della nostra Costituzione» recita la convocazione. Eppure, la location rischia di rivelarsi poco ambiziosa di fronte all’allargamento del dissenso sulle riforme della destra.
SUL PALCO ci saranno i leader di Pd, M5S, Avs e +Europa. L’indicazione è lasciare spazio alle forze della società civile che si stanno mobilitando. Elly Schlein arriva sulla scia dell’affermazione elettorale e con l’idea di federare chi contrasta la destra a partire dal no alle riforme. «Dopo quello che abbiamo visto in questi giorni tra violenze verbali e fisiche, c’è una ragione di più per andare a manifestare – dice la segretaria del Pd in un video sui social – Quando hanno intimato alla nostra capogruppo Chiara Braga di stare zitta, quando hanno fatto più volte il simbolo della X Mas in Parlamento o quando hanno aggredito un deputato. E anche quello che emerge dall’inchiesta di Fanpage in cui si vede la giovanile della presidente del Consiglio che fa saluti romani insieme ai suoi parlamentari o addirittura i saluti nazisti». Il M5S, che ha proposto per primo l’evento, prova a rilanciare in chiave nazionalpopolare. «Se per Meloni e soci la bandiera dell’Italia è una provocazione allora la sventoleremo più forte» manda a dire Giuseppe Conte, a proposito delle reazioni della premier sulle tensioni alla camera. Il presidente dei 5 Stelle sta gestendo il delicato passaggio post-elettorale. Dopo l’apparizione di Grillo a Roma si sono fatti avanti Virginia Raggi (dietro la quale incombe Alessandro Di Battista) e Danilo Toninelli. Ieri la Cassazione ha deciso che il processo per i fatti di piazza San Carlo del 2017 che causarono due morti e qualche centinaio di feriti e per i quali Chiara Appendino era stata condannata a un anno e mezzo, dovrà essere celebrato di nuovo: un punto a favore dell’ex sindaca di Torino. È presto per pensare che la leadership di Conte traballi, ma il rischio è che debba mediare tra le istanze fuori controllo di un M5S senza più baricentro e alla ricerca di un impossibile ritorno alle origini.
«CI SAREMO per ribadire che le riforme rappresentano un vero e proprio mercimonio politico – afferma Angelo Bonelli – L’autonomia differenziata in cambio del premierato svende il Sud a Salvini e compromette il ruolo di garanzia del presidente della Repubblica. È ora di dire basta. Basta alle aggressioni e alla violenza, basta ai simboli e riferimenti fascisti in Parlamento, basta alla distruzione dell’unità del paese». «Non basta solo la battaglia parlamentare – gli fa eco il capogruppo di Avs in Senato Peppe De Cristofaro – Serve una grande risposta democratica. Saremo in piazza per la difesa della Costituzione e l’unità nazionale. E saremo in tanti». Da Azione, invece, ci tengono di distinguersi: voteranno contro ma non saranno in piazza. «Faremo opposizione alle riforme e la faremo senza sconti nelle aule del Parlamento» dice il capogruppo alla Camera Matteo Richetti.
COME È GIÀ accaduto lo scorso giovedì a piazza Montecitorio, accanto agli esponenti dei partiti ci saranno anche alcune organizzioni sociali: di sicuro Acli, Anpi, Arci e Cgil. Anche il Tavolo e il Comitato nazionale per il ritiro di qualunque autonomia differenziata: «Se la Camera approverà il Ddl Calderoli – dicono – ciò rappresenterà un tipico esempio di democrazia maggioritaria: una maggioranza parlamentare, peraltro minoranza nel paese, varerà una legge lesiva di principi e diritti costituzionali che sono sottratti alla sfera delle decisioni delle maggioranze politiche tenute a rispettarli». I comitati rivendicano sei anni di mobilitazione che, sostengono, hanno finito per influenzare «la postura che l’opposizione ha assunto in aula con la visibilità che il tema sta assumendo». Anche la Rete degli studenti medi e l’Unione degli universitari traccia un collegamento tra premierato e autonomia e l’allergia al dissenso della destra. «La maggioranza di governo vuole approvare due riforme che indeboliscono la democrazia e spaccano il paese, indebolendo diritti essenziali come quello all’istruzione – affermano – Ci preoccupa il clima di repressione, il governo è allergico al dissenso».
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