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Le mosche bianche della destra italiana favorevoli ai diritti lgbtqi+

Le mosche bianche della destra italiana favorevoli ai diritti lgbtqi+Manifestazione delle famiglie Arcobaleno – Ansa / Fabio Frustaci

Arcobaleno Cinque casi di politici conservatori che si muovono in controtendenza alla stretta sui diritti civili. Dal governatore veneto Zaia al sindaco di Treviso Conte, fino all'eurodeputata Mussolini

Pubblicato più di un anno faEdizione del 9 aprile 2023

Si contano sulle dita di una mano, ma ci sono. Di destra, ma favorevoli ai diritti civili e alle loro garanzie. Non solo in Europa, dove a Strasburgo parte del Ppe ha votato un emendamento contro il divieto di registrare i figli delle coppie omogenitoriali voluto dal governo Meloni e dove paesi a guida conservatrice come Grecia, Austria e Svezia si sono uniti al ricorso della Commissione contro la legge anti lgbtqi+ dell’Ungheria di Orbán. Ma anche in Italia, tra le maglie di una coalizione spostata sempre più a destra e pronta a insistere sui «temi identitari».

Partiamo dal governatore del Veneto Luca Zaia che il mese scorso ha definito «un fatto di civiltà» rendere possibile il cambio di sesso. L’esponente leghista era appena riuscito a far votare la delibera per l’apertura, presso l’Azienda ospedale-Università di Padova, di un centro regionale ad hoc. Il servizio comunque è un Lea, cioè un livello essenziale di assistenza che il Servizio sanitario regionale deve garantire. «Bisogna uscire dal tabù. Ormai il Veneto guarda a modernità, inclusività, rispetto umano», ha detto Zaia al Gazzettino. Il governatore ci aveva provato già durante il precedente mandato ma il suo Consiglio regionale gli aveva votato contro. Era il 2018 e il collega di partito Nicola Finco, attuale vicepresidente dell’organo e allora consigliere, bollò la pratica come «perversione».

Ancora più recente, e sempre nella Lega, il caso del sindaco di Treviso Mario Conte che meno di tre settimane fa ha annunciato l’intenzione di continuare a registrare i figli delle coppie omogenitoriali. Proprio mentre il governo della sua parte politica sceglieva una linea di tutt’altro segno. Conte condanna l’utero in affitto, ma chiede regole chiare che rispondano ai bisogni delle famiglie arcobaleno, «senza che si creino discriminazioni».

Cambiamo regione. A giugno scorso la Liguria guidata da Giovanni Toti (Italia al centro) ha riconosciuto, sul modello della città di Ravenna governata dal centrosinistra, la possibilità per le persone transgender di usare il proprio nome di elezione sugli abbonamenti al trasporto pubblico. L’ordine del giorno presentato da Pd e Articolo 1 è stato votato all’unanimità. A sostenere il provvedimento Simona Ferro, assessora con varie deleghe tra cui quella alle Pari opportunità. Fa parte di Fratelli d’Italia. Lo stesso partito che qualche giorno fa ha inviato una lettera al liceo Marco Polo di Venezia chiedendo l’interruzione delle «carriere alias». Cioè l’iscrizione nei registri degli studenti con un nome diverso da quello anagrafico per chi si identifica con un altro genere.

Urania Papatheu, invece, faceva parte della pattuglia di Forza Italia al Senato della scorsa legislatura quando, a dicembre 2021, presentò un emendamento per istituire un fondo da 15 milioni a sostegno del percorso di transizione per il cambio di sesso. Rivendicò che anche il suo partito ha un elettorato arcobaleno. La mossa creò dibattito tra le colleghe di Fi: non apprezzata da Licia Ronzulli ma difesa, in quanto proposta individuale, da Anna Maria Bernini.

Di un certo spessore, anche per ragioni simboliche, la «conversione lgbtqi+» di Alessandra Mussolini. Da novembre scorso è rientrata nell’europarlamento con il Ppe, ma già prima aveva chiesto scusa alla comunità non binaria per alcune esternazioni del passato e si era schierata a favore di ddl Zan e adozioni da parte di coppie omosessuali. «Basta con questo sesso e sessualità, ognuno è fluido come vuole, una volta sei così una volta sei colà – ha dichiarato il 2 ottobre 2022 ospite di Rai 1 – Lo vuoi vedere che divento fluida pure io?».

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