Come è stato possibile che un cecchino raggiungesse una posizione utile per avere un «clear shot» di Donald Trump? Cosa è andato storto nel lavoro dei servizi di sicurezza? Perché c’era una bomba (o meglio «un ordigno rudimentale») nella macchina del ragazzo autore dell’attentato, identificato come il 20enne della Pennsylvania Thomas Crooks? E chi era, Thomas Crooks? Tutte domande su cui lavorano le indagini incrociate in corso in questi giorni. Ma quella su cui sono davvero puntati gli occhi di tutti è un’altra: il movente.

CIÒ CHE I REPUBBLICANI hanno già ascritto alla «narrativa d’odio» dei democratici, in quello che ancor più di un ribaltamento della realtà è una «proiezione all’esterno» del proprio agire, del proprio stesso “movente”, come sostiene in un’intervista con Greg Sargent di The New Republic Zack Beauchamp, autore del libro The Reactionary Spirit.

«Stiamo indagando l’incidente come un tentativo di omicidio – ha dichiarato già domenica Robert Wells, funzionario di alto grado del Fbi – ma anche come un potenziale attentato di terrorismo interno». Per ora però indaga la divisione anticrimine: perché intervenga quella di contrasto al terrorismo – come illustra il Washington Post – serve che emergano prove dell’intento di influenzare e intimidire con la forza e atti di violenza il governo e/o la popolazione civile. Una conclusione a cui l’agenzia sembra essere giunta è che Crooks ha agito da solo. Su di lui emergono le informazioni di routine in questi casi: «Un ragazzo tranquillo», secondo una compagna di college, che dopo il diploma lavorava in un centro di riabilitazione a Pittsburgh. E, più significativamente, faceva parte di un circolo di tiro, il Clairton Sportsmen’s Club. Insomma, tutto sembra puntare verso l’identikit del classico autore di questi atti di violenza armata: bianco, maschio, giovane, e in possesso di un fucile d’assalto. Oltre alla contraddizione su cui tutti si scervellano: elettore registrato del Gop e donatore nel 2021 (di 15 dollari) a un gruppo democratico. «Allo stato attuale non abbiamo identificato un’ideologia associata al soggetto, ma vorrei ricordare a tutti che siamo ancora all’inizio dell’indagine», ha affermato l’agente speciale Kevin Rojek, a capo dell’inchiesta.

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PROSEGUE intanto anche l’indagine sulle defaillance dei servizi di sicurezza: Joe Biden ha annunciato che le conclusioni saranno rese pubbliche, e ieri sia lui che la vicepresidente Kamala Harris hanno incontrato per un briefing i vertici dei servizi di sicurezza e delle forze dell’ordine, tra cui il direttore del Fbi Christopher A. Wray, il procuratore generale Merrick Garland, il segretario dell’Homeland Security Alejandro Mayorkas – «Qualcosa del genere non può accadere, è un fallimento», ha dichiarato in un’intervista con la Cnn – e la stessa direttrice dei Servizi incaricati della sicurezza di Trump, Kimberly Cheatle. «Comprendiamo l’importanza della revisione indipendente annunciata dal presidente Biden e coopereremo pienamente. Collaboreremo anche con il comitato preposto del Congresso a qualunque attività di supervisione», afferma Cheatle in un comunicato.Il deputato repubblicano James Comer le ha già recapitato una lettera in cui le chiede di apparire davanti al Congresso per riferire sull’accaduto.

Intanto il portavoce dei servizi Anthony Guglielmi ha smentito una fake news che aveva preso piede su X: che fossero state sottratte risorse per la sicurezza del rally di Trump per spostarle su un evento dello stesso giorno in cui la protagonista era Jill Biden. «Le procedure di protezione non funzionano in questo modo».