Le élites che Freccero non vede
Populismo e sinistra Il commento di Freccero su il manifesto del 5 giugno, «La sinistra ridotta a pensiero unico delle élites», merita di essere discusso per due motivi: perché condensa l’essenza della critica […]
Populismo e sinistra Il commento di Freccero su il manifesto del 5 giugno, «La sinistra ridotta a pensiero unico delle élites», merita di essere discusso per due motivi: perché condensa l’essenza della critica […]
Il commento di Freccero su il manifesto del 5 giugno, «La sinistra ridotta a pensiero unico delle élites», merita di essere discusso per due motivi: perché condensa l’essenza della critica populista alla sinistra e perché attribuisce all’accoglienza dei migranti la sensazionale vittoria delle destre populiste.
Non solo: questo «buonismo» impedirebbe di comprendere le vere ragioni della crisi migratoria e dei rifugiati – e quindi di risolverle.
Non si tratta di tesi nuove. Le troviamo nelle «analisi» del pensatore Diego Fusaro e, con accenti diversi nell’ultimo Žižek e in tanti minori che si sono presi l’onere di difendere le ragioni della classe operaia tradita dalle élites.
Ma è anche senso comune di ogni destra, dalla rozza Alt Right americana a quella più raffinata di «The Spectator» e alla nostrana di Il giornale e di Libero.
Ora, fa una certa impressione che siano sedicenti filosofi, star del pensiero, giornalisti di qua e di là dall’Atlantico e notissimi media men come Freccero, membro del Consiglio di amministrazione della Rai, a insorgere in nome del popolo contro le élites.
Soprattutto in un momento in cui padroni del paese sono diventati esponenti politici dell’imprenditoria ruspante del Nord est e un bel gruppo di arrampicatori politici governati dalla Casaleggio & Associati e da un ex del Grande Fratello.
Sembra giunto il momento di smetterla con la contrapposizione ideologica popolo/élites e di rispolverare invece la vecchia idea della circolazione o meglio dell’alternanza delle «élites», vanto della scienza politica italiana di un secolo fa e presente anche in Gramsci.
Il ceto politico della seconda repubblica (per capirsi, Berlusconi e Renzi) ha fallito per la sua incapacità di interpretare i bisogni sociali, è vero (anche se non si vede dove sia mai stato il loro «buonismo»).
Tuttavia, oggi al potere non c’è il popolo, ma una nuova élite di cui non è difficile individuare i tratti distintivi di ceto: la classica destra padana operosa, innovativa ma parrocchiale e reazionaria, e gli homines novi del M5S, in parte sovrapponibili alle avanguardie padane e in parte espressione di quei ceti medi marginali, ma abbacinati dal potere, ben rappresentati dalle carriere di Di Maio, Di Battista, Fico e tanti altri. Se questo è il popolo…
Sorprende che un osservatore dei media come Freccero non dica nulla della capacità affabulatoria delle nuove destre, giocata sui social, sull’uso incessante di Twitter e Facebook – esattamente come il loro corrispettivo Trump, che piace tanto a Beppe Grillo. Ma il punto è soprattutto l’offerta politica in larga parte simbolica che le nuove destre hanno presentato al «popolo» e cioè agli elettori.
Promettiamo pane ai poveri (reddito di cittadinanza) e brioches ai ricchi (flat tax). Tuttavia, nell’attesa probabilmente lunga di realizzare questi sogni, vi diamo identità (no ai migranti), impunità (espansione della legittima difesa) e vendetta («certezza della pena», più carceri, agenti provocatori ecc.).
Dove la retorica popolare di Freccero (non dimentichiamolo, nominato alla sua carica in quota M5S) si sgonfia è nella pretesa che il «politicamente corretto» delle élites avrebbe causato, in nome dei «diritti umani», le crisi migratorie e dei rifugiati.
Questa è un’idea alla Bannon che non ha alcun riscontro nella realtà. Afghanistan, Iraq, Siria, Libia sono stati teatro di scontri egemonici tra Usa, Russia, Turchia, alcuni paesi europei, stati del Golfo ecc. che, qualche volta, hanno usato la retorica dei «diritti umani» come mero paravento per giustificare la guerra.
Ma tra «diritti umani», petrolio ed egemonia geopolitica ci sono delle differenze che un leader dei media dovrebbe comprendere.
Un discorso analogo vale per i migranti in senso stretto (oggi difficili da distinguere dai rifugiati). I fattori motivanti delle migrazioni sono troppo complessi per essere ridotti alla favoletta del «politicamente corretto» delle élite dei «diritti umani».
Una volta che i migranti si siano messi in moto verso l’Europa o il mondo sviluppato, salvarli se rischiano di annegare, e accoglierli se sopravvivono, è un minimo imperativo morale, se le nostre società non vogliono regredire al 1933.
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